si apre con CHIAMARLA V il 4/5/6 novembre a Roma TRITTICO

TRITTICO- primo spettacolo CHIAMARLA V

TRITTICO- primo spettacolo CHIAMARLA V      

#DONNE #AMBIENTE #LAVORO queste le tematiche dei tre spettacoli che compongono Trittico, per ridere e per riflettere, perchè si può riflettere anche divertendosi!! si comincia dalle DONNE con #chiamarlaV il 4/5/6 di novembre al Teatro Le Sedie

CON #danielagiordano e #danilamassimi

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TRITTICO in scena a Roma dal 4 novembre

Trittico con Daniela Giordano e Danila Massimi

Trittico con Daniela Giordano e Danila Massimi

TRITTICO raccoglie e propone 3 imperdibili spettacoli del duo Giordano-Massimi, CHIAMARLA V, DI CHI E’ LA TERRA?, PANE E CORAGGIO, su altrettante tematiche importanti: donne, ambiente, lavoro.

La collaborazione tra le due formidabili artiste multidisciplinari Daniela Giordano e Danila Massimi è iniziata nel 2013, quasi per gioco, ed è diventata sempre più negli anni una realtà di sorprendente ricerca espressiva. Entrambe utilizzando il canto, la musica, il ritmo, la poesia, la parola, affrontano con acuta intelligenza, graffiante ironia ed emozionante vibrazione poetica, sintesi tematiche importanti e scottanti che riguardano i diritti umani e dell’ambiente.

dal 4 al 27 novembre a Roma al Teatro Club Le Sedie, Roma – prenotazioni tel.320 1949821

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LA SCELTA DEL TEMPO

Teatro Le Sedie, Roma, dal 28 al 31 gennaio 2016 Vicolo del Labaro 7- tel. 3201949821

LA SCELTA DEL TEMPO

Di Daniela Giordano

Da un’idea di Guido Giordano

Con

Daniela Giordano e Laura Mazzi

e

Chorus Familiae : Silvia Castorina, Donatella Giordano, Guido Giordano, Gabriele Scognamiglio,        Veronica Scognamiglio,  Anna Giordano

Regia  Daniela Giordano

Direzione del Coro Emanuele Levi Mortera

Scene Erika Cellini

Aiuto regia Benedetta Rescigno

Amministrazione Alessandro Manciocchi

Ufficio Stampa Rocchina Ceglia

Una produzione CRTscenamadre con il contributo di Nuovo IMAIE

In collaborazione con AlcantaraTeatro

LA SCELTA DEL TEMPO

LA SCELTA DEL TEMPO

 

Ultima opera drammaturgica di Daniela Giordano che riunisce insieme sulla scena, incredibilmente, tutta la sua famiglia. Un grido contro la guerra. e un atto d’amore e gratitudine per la sua famiglia. La guerra si aborre, la guerra si condanna, la guerra ci fa paura, eppure  non la si evita.  Di fronte alle immani catastrofi che ogni conflitto reca con sé, giuriamo sempre “mai più!”, eppure  c’è sempre la volta dopo.  Non siamo noi a decidere, ci diciamo, sono le circostanze. Ma sarà vero? Davvero non abbiamo nessuna parte nella decisione? A cent’anni dall’inizio della Prima Guerra Mondiale, passando per una Seconda Guerra Mondiale, la tragedia di Hiroshima e Nagasaki, la guerra del Vietnam, dei Balcani, dell’Afganistan , dell’Iraq, della Siria, gli attacchi a Parigi, e gli innumerevoli altri conflitti,  guardando il nostro presente e il nostro passato, siamo davvero sicuri che in noi non ci sia neanche in piccola parte un germe di guerra? Ma soprattutto, la Pace, cos’è? E se ognuno di noi, individualmente, scegliesse di non rispondere all’appello, di gettare via il fucile, di creare anche quando sembra impossibile occasioni di dialogo che tengano conto di un destino più alto, quello dell’umanità, nel quale ognuno di noi è compreso? Un atto privato, lontano dagli onori della cronaca, una somma di azioni quotidiane, di scelte personali mai facili quando siamo oppressi dalle circostanze. La scelta del tempo è uno spettacolo costruito in quadri sulla guerra dove la guerra non c’è, ci sono i momenti prima, i momenti dopo, madri, spose, figlie, che offrono un punto di vista diverso. Esiste un punto di vista differente, che possa essere necessario a un cambio di atteggiamento interiore?  Forse, sì.  La scelta del tempo è una famiglia di tre generazioni, che si mette a nudo in scena, con la sua tradizione intima di canti alpini, unita in un coro che segna quanto amara e banale sia la guerra. Tutte le guerre.  La guerra è banale. La vita, no, è una cosa seria.

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Daniela Giordano, attrice, regista e direttrice artistica di Festa d’Africa ci racconta in un’intervista di Orpheus, il suo ultimo spettacolo

http://www.vogue.it/vogue-black/the-black-blog/2011/10/daniela-giordano

di Cristina Ali Farah

Attrice di teatro, cinema e televisione, regista, autrice, Daniela Giordano è l’ideatrice e direttrice artistica di Festa d’Africa, Festival Internazionale delle Culture dell’Africa Contemporanea. Orpheus, spettacolo da lei scritto, diretto e interpretato, con danza e coreografie di Lamine Dabo e musiche composte ed eseguite dal vivo da Ismaila Mbaye e Gijbril Gningue, è in scena a Roma in questi giorni.

Qual è il tuo rapporto con il mito di Orfeo?

“Il mito di Orfeo ha attraversato tutta la mia vita, mi ha sempre affascinata da quando ero bambina. L’amore che ha il potere di sconfiggere la morte, la musica e quindi l’arte che avvicinano l’essere umano agli dei, mi facevano fantasticare di assoluto. Poi vidi in televisione l’Orfeo negro di Marcel Camus. Fui stregata dalla magia e dall’ambientazione della storia nel carnevale di Rio de Janeiro, l’amore, il dolore, la ricerca, la morte, il caos, dove figure infernali, (simbolicamente maschere di un carnevale) si mescolavano a esseri umani”.

Il tuo processo creativo, la riscrittura del mito, come è avvenuta?

“Scrissi Orpheus nel 2004, in una settimana credo o in una notte. Fu un gesto liberatorio. Dovevo riflettere sull’amore, la morte e sulla natura del divino. Vicende personali mi stavano lacerando, la morte di mio padre e la separazione dal mio compagno, avevo bisogno di mettere ordine nei miei sentimenti. Orpheus mi è venuto incontro per la via. Cosa non aveva capito l’eroe del mito? Lui che, col suo canto e il suo dolore, aveva ricevuto un dono unico dagli dei, quello di scendere vivo nell’Ade per riprendersi la vita della amata, la sua metà”.

Cosa è che rende nero questo Orfeo?

“L’Africa in tutti questi anni, di teatro, di scambi, di amici, di viaggi, di studi, mi ha insegnato molte cose. La pazienza, il sorriso, l’ascolto, il rapporto privilegiato con il dolore. Sono stati i luoghi della terra nei quali ho percepito la natura del divino. Per questo Orpheus è nato africano. Non avevo altro luogo dove poter immaginare un essere umano in marcia per trovare l’amore perduto, che poi coincide con il ritrovamento del sé, mentre la natura gli parla e si trasforma”.

Nello spazio del palco sei in continua relazione con i musicisti e il danzatore. Mi dici qualcosa su questo? Come siete riusciti a combinare i movimenti della danza con le parole e la musica?

“La ricerca espressiva nelle mie creazioni in teatro, si è sempre orientata alla contaminazione tra le arti e i generi. Il ritmo è tutto. Parto sempre da lì, per questo spesso i miei testi hanno una metrica. Con tutti gli artisti coinvolti nel progetto, ci conosciamo da tanti anni e abbiamo lavorato insieme molte volte, grazie a Festa d’Africa Festival. Chiesi a Lamine Dabo se se la sentiva di tornare a danzare per me: è uno dei migliori danzatori che abbia mai visto, eppure ha rischiato di perdere le gambe in un incidente, i medici gli avevano diagnosticato l’impossibilità a tornare a camminare, figuriamoci a ballare. Conosceva il viaggio all’inferno, lui c’era stato e poteva raccontare il corpo di Orpheus. Ismaila Mbaye e Djibril Gningue sono due sciamani, si divertono a suonare ma non perdono mai il contatto con ciò che li circonda, sono in perenne comunione con il cosmo e tutti i suoi abitanti. Formata compagnia ci siamo messi all’opera, ma potrei dire meglio, ci siamo messi in totale ascolto uno dell’altro. Così è nato questo Orpheus, dai molti linguaggi visivi e sonori, creando nuovi equilibri e nuove armonie policrome. Ogni volta che ci ritroviamo su un palco a raccontare Orpheus si ricrea questa magia”.

Cristina Ali Farah

Pubblicato: 31 ottobre 2011

 

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I MISTERI D’AFRICA A ROMA SE ORFEO SIAMO NOI di Maurizio Bonanni

L’OPINIONE delle LIbertà- quotidiano- Società E Cultura-16 Settembre 2011 –

Al Teatro di palazzo Santa Chiara, a due passi dal Pantheon, rivivono i miti classici, nelle esotiche atmosfere delle terre d’Africa. Daniela Giordano, attrice autrice e regista dello spettacolo “Orpheus”, nonché direttrice del Festa d’Africa Festival (“esportato” in tutto il mondo, con ampia soddisfazione delle etnie e delle razze più disparate) ha danzato, recitato e qualche volta cantato il mito rivisitato di Orfeo, il cantore dal volto umano che incantava e intratteneva gli dei con la sua voce. Certo, la “torsione” di scopo è stata da subito evidente, con Orfeo che si perde lungo la strada del ritorno, trasportandola in una barca “kajak”, la sua sposa fresca di nozze e, mentre il volgo agita il venticello della calunnia, parlando di uxoricidio, lui prepara la sua fede incrollabile, per tracciare il suo cammino discendente, verso un luogo da sempre definito come quello del non ritorno. Ad accompagnarlo è la luce della sua fede, cangiante come un’aurora boreale, in cui si intrecciano gli odori e gli umori della cosa misteriosa, miscelati dalla voce della Giordano, che estrae da un paravento luminoso e trasparente lo spirito del tempo, impersonato da un ballerino africano la cui storia personale è già di per sé un ritorno dall’Ade, in cui il moto di avvitamento verso l’alto, fuori dal cono fumante del vulcano, è frutto della pura volontà e della follia dell’umano osare oltre ogni proprio limite. Questo, in fondo, è anche il messaggio primordiale di Orfeo, che si scontra con la sua anima maschile che cerca fuori di se stessa il segreto dell’amore puro, che sta invece tutto chiuso al suo interno, come solo le donne sanno bene. E così la luce guizza su per l’erte scale, passo dopo passo, follia dopo follia. La danza si fa animale, con ombre cinesi e volumi che impersonano la dea della caccia, con le membra protese verso l’odore della preda. A volte, il corpo scuro semplicemente si tende elasticamente, in una danza nuziale avvolgente e struggente, fino alla totale compenetrazione, nel finale, tra la voce narrante femminile e l’essere duale maschile. L’aria della scena tutt’intorno gronda sensualità, come nell’attimo in cui lo sposalizio si consuma tra lenzuola immacolate, che debbono essere, una volta contaminate dal sangue virginale, mostrate al drago della curiosità morbosa, pronto a scatenare, in caso di una delusione, tutta la sua lussuria verbale, a sublimazione di un atto tanto desiderato quanto proibito a chiunque, tranne che al legittimo sposo. Ed ecco che, nel racconto della Giordano, Orfeo è condotto a rivivere, per meglio capire se stesso, i giochi d’infanzia, l’educazione paterna racchiusa in una sfera che rotola educata tra la mano del ballerino, sempre disteso come una corda ben stirata di violino, e quella della Giordano che, girando le spalle al pubblico, lascia grande spazio ai gesti, alla musica, ai suoni, davvero straordinari, di strumenti a noi del tutto sconosciuti, manipolati da un suonatore di tamburi che sviluppa in un quieto trance le sue percussioni ritmate. La Giordano, però, si rifiuta di assecondare il mito (laddove gli dei restituiscono Euridice a Orfeo e la lasciano andare con lui, a patto che l’eroe non si giri mai a guardarla, prima di aver abbandonato il territorio dell’Ade. Orfeo non resiste, si gira e la perde per l’eternità), descrivendo la gioia del marito e dei suoi parenti, quando Euridice giace nel letto nuziale come ogni sposa che si rispetti. La cosa più straordinaria, però, è che Orfheus, recitato in italiano, sia stato portato ai quattro angoli del mondo e “compreso” da tutti, qualunque fosse la loro lingua d’origine. Già, perché c’è qualcosa d’altro che crea l’universalità nelle cose e che trascende le parole, i mille vocabolari della terra. I misteri d’Africa, le armonie magiche delle voci, dei tamburi e della danza rendono visibile il misterioso, facendo dell’alieno un autoctono, in base ad un codice tutto da scoprire e che il teatro, i dialoghi, le tonalità e i gesti della Giordano e dei suoi attori/artisti ripercorrono fedelmente, senza trascurare alcun nesso tra le cose e i significati. Davvero una formidabile rivisitazione del classico, che tratta il teatro borghese come il serpente della mela nel paradiso terrestre!

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Orpheus di Daniela Giordano torna a Roma!!!

Orpheus 2011 a Roma ORPHEUS
Dal 6 all’11 settembre torna sulla scena romana, dopo due anni di successi internazionali, l’Orpheus di Daniela     Giordano,    ultimo appuntamento nel ricco cartellone del festival musicale del Teatro Palazzo Santa Chiara.

Uno spettacolo di musica, parola e movimento che partendo dal mito classico, realizza, nella scrittura e nella messa in scena di Daniela Giordano, una sublime sintesi di linguaggi visivi e sonori.

Una riflessione sul contemporaneo e sulla realtà multietnica che ha trasformato la nostra società. Lo spettacolo unisce e utilizza differenti codici culturali dall’ Europa all’Africa, dalla poesia al teatro, dalla musica alla danza, sottolineando le convergenze che mettono in evidenza l’interdipendenza tra diverse culture.
Orpheus propone un nuovo linguaggio teatrale che coniuga e armonizza suggestioni e saperi della cultura europea e della cultura africana, attraverso la danza, il teatro e la musica.
Insieme a Daniela Giordano in scena: il danzatore senegalese Lamine Dabo con le musiche dal vivo eseguite da Ismaila Mbaye, djembè e tama, e Djibril Gningue , canto e kora.
Lo spettacolo è prodotto da CRTscenamadre e Festad’AfricaFestival Internazionale delle culture dell’Africa Contemporanea 2011- X edizione.

Dice la Giordano su Orpheus: “ E’ uno spettacolo sull’Amore. Orpheus perde la sua donna perché ha perso l’amore. Ma lei conosce il suo smarrimento,e lo guiderà fino a ritrovare se stesso e l’amore perduto. Una bella favola contemporanea, insomma, con un lieto fine. La musica è fondamentale nel mio teatro, così come l’immagine, la parola e il movimento. Gli ultimi 15 anni della mia carriera artistica si sono molto legati all’Africa. Realizzare questo spettacolo, mettendo in relazione e mescolando la nostra cultura a quella africana, è la sintesi del mio percorso e della mia ricerca artistica.”

Lo spettacolo dopo Roma, sarà al Teatro Nazionale di Algeri , in Algeria, e al Festival di Teatro di Cartagine , in Tunisia.

Teatro Palazzo Santa Chiara . Piazza Santa Chiara 14, Roma, ( zona Pantheon)

prenotazioni e informazioni

info@palazzosantachiara.it

 

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Daniela Giordano-Red Carpet -Le cose che restano

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Mercoledì 22 e 29 terza e quarta parte di “Le cose che restano” di Tavarelli, ore 21, RAIUNO

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Intervista a Daniela Giordano di Nourdine Betayb per tunisian press

stampa tunisina

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Un Orpheus contemporaneo in Egitto

Orpheus scritto, diretto e interpretato da Daniela Giordano

Teatro: un Orpheus contemporaneo in Egitto/ dalla Home page del Ministero degli Affari Esteri

08 Ottobre 2010

L’Orpheus scritto e diretto da Daniela Giordano, con le coreografie di Lamine Dabo, vola in Egitto dal 10 al 20 ottobre 2010. La compagnia è stata scelta a rappresentare l’Italia nel cartellone della XXII edizione del Festival Internazionale del Teatro Sperimentale al Cairo, che offre più di 60 spettacoli provenienti da tutte le nazioni del mondo. Lo spettacolo è stato inserito dall’Istituto Italiano di Cultura del Cairo fra le manifestazioni previste per celebrare la Settimana della Lingua Italiana nel Mondo.Partendo dal mito classico,l’Orpheus contemporaneo di Daniela Giordano, utilizza differenti codici culturali dall’Europa all’Africa, dalla poesia al teatro, dalla musica alla danza,mettendo in evidenza non solo l’interdipendenza tra diverse culture, ma raccontando anche come le nostre società si stanno trasformando. Sulla scena, insieme a Daniela Giordano e Lamine Dabo, Gjibril Gningue alla Kora e una preziosa new entry: il grande percussionista Sena MBaye.L’Orpheus ha debuttato a Roma nel settembre 2009 nell’ambito dell’XIII edizione del Festa d’Africa Festival di cui è direttrice Daniela Giordano e continua, con successo, la tournèe nazionale e internazionale. E anche la IX edizione del festival, appena conclusa, ha ottenuto un successo straordinario sia per il pubblico che per la stampa nazionale e internazionale ed ha avuto prestigiosi patrocini, nazionali ed internazionali, tra cui anche quello del MAE.

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La Cultura della Diversità di Maurizio Bonanni/L’Opinione

Al Teatro Palladium, nel cuore della Garbatella, quartiere popolare modello del periodo del Ventennio, sul tema: “Diversità culturale, un bene per tutti”, si è svolta dal 15 al 18 settembre, la nona edizione della “Festa d’Africa-Festival internazionale delle culture dell’Africa contemporanea”. La manifestazione è stata promossa e organizzata dal “Centro Ricerche Teatrali scena Madre”, diretto da Daniela Giordano, attrice e regista. Alla realizzazione hanno assicurato il loro concreto sostegno l’Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione del Comune di Roma e l’Università  “La Sapienza” – Dipartimento di Lingue per le Politiche Pubbliche. Ha aderito, altresì, la Presidenza della Repubblica con il suo Premio di Rappresentanza. Per il patrocinio, si citano: il Senato della Repubblica; la Camera dei Deputati; i Ministeri degli Affari Esteri, dei Beni Culturali, e delle Pari Opportunità; la Commissione italiana per l’Unesco; le Ambasciate di Tunisia e Senegal. Come si vede, quindi, la cultura della diversità rappresenta qualcosa di più di una semplice dichiarazione di intenti. Quasi una piccola.. Onu! Già, perché le idee, come si sa, camminano -solo ed esclusivamente- sulle gambe e “attraverso” le anime degli uomini (in questo caso, di una donna “illuminata”, come Daniela Giordano!).

In particolare, sull’onda dell’equazione “diversità x diversità”, il 17 settembre la compagnia “Divano Orientale Occidentale” ha presentato lo spettacolo teatrale “Ammaliata”, definita come (lett.) una “orchestra popolare per coro di sei voci e tre seggiole”, scritto e diretto da Giuseppe L. Bonifati. Il modulo (per la verità, ben lontano dall’espressività e dalle escissioni chirurgiche -una vera lobotomia del conformismo benpensante e dell’ipocrisia sociale siciliana, a beneficio della cruda verità- operate dalla drammaturgia teatrale di Emma Dante) si è orientato sull’ambiguità di genere, con tre lugubri prefiche impersonate da attori maschi, con voci bianche mature ed isteriche. I (le) tre vestiti di nero, con i visi tinti di biacca, trattati come pareti murarie di Paesi meridionali bruciati dal sole, sono stati affiancati da due giovani donne ed un prestante attore di colore, con il ruolo di rubacuori. Le esistenze delle due ragazze vengono tiranneggiate e dirette dalla prefica in capo, orfana della figlia morta giovane, con una sequenza -decisamente ridondante- di impacciati minuetti, grida a sorpresa, operati con tonalità rigorosamente sopra le righe. Allo spettacolo è venuto a mancare un vero filo conduttore, nella vana attesa di un messaggio chiaro ed incisivo sulla diversità culturale, che non fosse quella dialettale fin troppo “caricata”. Insomma, un po’ fuori tema.

Viceversa, sabato 18 settembre “Keur Senegal” di Lamine Dabo,  ha visto andare in scena quindici fantastici artisti senegalesi, tra danzatori, musicisti, ballerini acrobati e cantanti del gruppo Farafinaritmi, con il grande il ritorno sulla scena romana del percussionista Sena MBaye. “Keur” in wolof, la lingua nazionale in Senegal, vuol dire “casa”, mentre il canto “Keur Senegal” rappresenta l’occasione, per uomini e donne, maestri della loro arte, di riunirsi la sera, al chiaro di luna, per festeggiare e chiacchierare tra di loro, al suono degli strumenti musicali tradizionali. La forza e l’energia di suonatori e ballerini, unita a canti e recitativi di grande intensità, ha portato i misteri e il fascino dell’Africa al centro del palcoscenico, il cui spazio si è rivelato del tutto insufficiente a contenere i ritmi, le acrobazie, i fuori programma, i salti di scala, le dilatazioni delle percussioni fino allo sfinimento fisico di quei magnifici interpreti di se stessi. Gli artisti senegalesi hanno messo al centro della rappresentazione l’anima del loro popolo, con ballerine a dimensione “reale”, né “palestrate”, né patinate, come quelle dei “variety show” televisivi nostrani, sempre troppo “bambole” per essere vere.

Ed i percussionisti hanno dato dimostrazione pratica dei movimenti rapidi, catturati dai quadri futuristi di Balla e Boccioni: le mani agivano tanto velocemente sul cuoio dei tamburi da trascinarne la stessa materia fisica in una scia sequenziale di livelli cromatici e di tonalità, fino a confondere i sensi, per cadere nell’estasi di una danza giocata -in ogni direzione, secondo linee ora curve, ora rettilinee-  con incredibile potenza di braccia e gambe, in un crescendo senza fine di gestualità, espressività e fisicità. L’Africa pacifica ha mostrato le sue.. “gambe”, così robuste da portare lontano da qualunque forma inutile di violenza e di guerra, categorie che, in fondo, appartengono solo alla cultura occidentale e alla sua “famelicità” (umana ed economica), incarnata dallo schiavismo e dalla deportazione di intere popolazioni africane nel continente americano. Quando riusciremo a rimarginare quelle ferite?  La Giordano ci dà una speranza, non appartenendo né a lei né a noi la.. “certezza” di farcela! 

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Dialogare per la pace, torna la «Festad Africa»

pubblicato su il Manifesto del 8 settembre 2010
di Laura Landolfi

La nona edizione dal 15 al 18 settembre al Teatro Palladium
«Meglio la sagra della porchetta che una festa di africani». Quando nove anni fa Daniela Giordano, direttore artistico di Festad’Africa contattò la Regione Lazio questa fu la risposta che le venne data. Molte cose sono cambiate da allora e oggi il festival continua a non avere l’appoggio della Regione né – per la prima volta – quello della Provincia ma quello incondizionato del Comune sì. Così un orgoglioso Umberto Croppi annuncia il suo finanziamento di 30.000 euro al festival che rientra nell’Estate romana «un esempio di capacità di mettere insieme spettacolo e culture diverse grazie a una serie di relazioni consolidate con i paesi coinvolti», una sorta di operazione di «diplomazia internazionale» insomma. Ma il vero riconoscimento sono il premio di rappresentanza del presidente della Repubblica e un messaggio inviato dal presidente della Camera. Testimonianza che in questi anni il festival, in scena al teatro Palladium (piazza Bartolomeo Romano 8) dal 15 al 18 settembre grazie anche all’Università La Sapienza, è andato avanti nel suo percorso per creare un dialogo per la pace. «Anche se – sostiene il direttore artistico – questo è stato l’anno più difficile perché la crisi internazionale spesso viene usata come alibi quando bisogna finanziare progetti simili». Ma il comitato organizzativo della rassegna va avanti nonostante tutto «perché l’Africa è l’emblema della diversità, infatti non c’è un posto o un cibo uguale se la si attraversa da nord a sud». La storia di Festad’Africa è quella dell’evoluzione del linguaggio: «Gli africani erano indicati solo come vù cumprà così parlavamo di tolleranza perché i tempi non erano ancora pronti mentre oggi abbiamo fatto un passo avanti e parliamo di accoglienza». Il festival si apre il 15 con una tavola rotonda dedicata alla cittadinanza che ospita i due firmatari del disegno di legge per il diritto di cittadinanza Fabio Granata e Andrea Sarubbi, seguirà la proiezione del film-documentario di Camilla Ruggiero Fratelli d’Italia dedicato all’integrazione degli adolescenti immigrati. Tra gli spettacoli il 16 la compagnia tunisina L’Art des Deux Rives con Zirriat bliss , ovvero le serve di Jenet in chiave israelo-palestinese, per l’Italia la compagnia Divano Orientale Occidentale presenta Ammaliata (il 17). Il 18 quindici artisti senegalesi in Keur Senegal diretto da Lamine Dabo chiuderanno la rassegna mentre ogni pomeriggio incontri coordinati dalla stessa Giordano e da Alessandro Jedlowsky aiuteranno a far «circuitare le idee».

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Switch al Filming Italy Los Angeles Festival2024

Switch
di Daniela Giordano
FILAF 2024 | Selezione WIFTMI

26 Febbraio 2024

Switch di Daniela Giordano è uno dei quattro corti selezionati da WIFTM Italia per partecipare al Filming Italy Los Angeles 2024, l’evento creato e diretto da Tiziana Rocca, Agnus Dei, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles, che si svolge dal 26 al 29 febbraio 2024.

 

Vincitore alll’Altff_ Alternative Film Festival nella categoria cortometraggi come Best Drama International, Switch è la seconda regia dell’attrice, sceneggiatrice e regista Daniela Giordano e vede protagonisti Daniela Margherita, Lena Sebasti e Fabrizio Apolloni.

 

Emma, lavora come donna delle pulizie nei bagni pubblici di una stazione, dove passa le intere giornate, rifugiandosi nella lettura di romanzi e immedesimandosi nelle protagoniste. Vive così una vita parallela che la porta fuori dal grigiore della sua esistenza. Durante un turno, in una toilette,trova una borsa valigia che nessuno viene a reclamare. L’ufficio Oggetti Smarriti chiuso, costringe Emma a portare con sé la borsa. Sul pianerottolo di casa, è raggiunta da rumori e grida disperate di una giovane donna vittima di una violenza domestica che si sta consumando nell’appartamento accanto al suo e con la quale si identifica. Riemergono i ricordi del suo passato di violenze, il terrore e l’impossibilità di reagire. Nel cuore di una notte molto agitata nella quale non riesce a dormire, decide di aprire la valigia scoprendo un tesoro in banconote e gioielli. Cosa farà Emma?

 

Racconta Daniela Giordano:

 

“In Switch, ho voluto lanciare un messaggio positivo raccontando che non bisogna rassegnarsi alla violenza sia fisica che psicologica che subiscono le donne di tutte le età a vari livelli.

 

La solidarietà femminile, gli strumenti culturali ed economici sono determinanti per l’emancipazione da tutti i tipi di coercizione e violenza. Le mie protagoniste trovano la determinazione per cambiare  paradigma e abbandonare la prigione di solitudine e rassegnata accettazione.

 

Ringrazio WIFTM Italia, per aver condiviso questa prospettiva, promuovendolo al Filming Italia Los Angeles 2024”

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Daniela Giordano Menzione Speciale al XLI Festival Primo Piano- Pianeta Donna

Daniela Giordano Menzione Speciale Festival Pianeta Donna

Si è svolta a Roma al Cinema Caravaggio la serata conclusiva del XLI Primo Sull’Autore- Festival Pianeta Donna diretto da Franco Mariotti. L’importante manifestazione che promuove il talento delle donne nel cinema è stata ricca di presenze e di premi  attribuiti dalla Giuria alle figure che si sono distinte sia dal punto di vista artistico che professionale, da Maria Grazia Cucinotta ad Alba Rohrwacher.

Daniela Giordano, ha ricevuto la Menzione Speciale come regista e sceneggiatrice del cortometraggio SWITCH , con la seguente motivazione “Per aver affrontato il tema dell’emancipazione femminile, proponendo il rapporto tra due protagoniste uguali e contrarie, privilegiando il ruolo dell’arte e della letteratura nei cambiamenti esistenziali”.

Alla serata, con il coordinamento artistico di Francesca Piggianelli, tra i molti  prestigiosi ospiti, era presente anche il cast: Daniela Margherita, Lena Sebasti, Fabrizio Apolloni e il direttore della fotografia Gianni Mammolotti.

La regista con il cast di SWITCH

 

 

 

Photos by Fabio Maggiore

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Daniela Giordano insignita del Premio Vincenzo Crocitti International 2023

Daniela Giordano insignita del Premio Vincenzo Crocitti International 2023 “Vince Award”

Roma, 10 dicembre 2023

Daniela Giordano riceve il prestigioso riconoscimento dedicato alla memoria dell’attore Vincenzo Crocitti,  che festeggia quest’anno il decimo anno di vita. Un premio istituito da Francesco Fiumarella, direttore artistico, che ne ha fatto un attesissimo appuntamento annuale, rivolto a premiare e dare risalto al merito di artisti che si sono distinti per qualità artistiche e umane.

Premio al merito che anche quest’anno è stato conferito a un parterre prestigioso di interpreti in carriera e di nuove promesse. Sul palco insieme alla Giordano, sono stati premiati: Elio Germano, Pier Francesco Pingitore, Carolina Crescentini, Paolo Calabresi, Massimo Popolizio, Elisabetta Pellini, Valerio Aprea, Gianni Franco, Michele D’Anca, Cristina Lionello, Alberto Patelli, Francesco Acquaroli, Mino Sferra, Angelo Galippi, Guido Ruggeri, Fabio Farronato, Riccardo Leto e gli emergenti Matteo Alberto Sabatino, Daniela Franchi, Daniele Catini, Emiliano Chillico.

“Sono felice e grata di ricevere un premio dedicato alla memoria di un bravo attore” dice la Giordano ” un premio al merito. Tutti i premi sono importanti nella vita di un artista ma questo ha il valore aggiuntivo di considerare insieme il valore artistico e umano. L’umanità, il valore più grande di un artista. Ringrazio per questo il direttore, Francesco Fiumarella  e tutta la direzione del premio”

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Daniela Giordano canta le canzoni di Italo Calvino

Daniela Giordano canta Calvino Cantacronache

Teatro Le Sedie, Roma

Le illusione perdute

di Dino Villatico

https://www.cyranofactory.com/le-illusione-perdute/

Daniela Giordano canta Calvino

Locandina Calvino Cantacronache

“In ogni musica vocale c’è un “io” di uno scrittore che si affianca all’“io” di un musicista”, scrive Luciano Berio. Dopo l’esperienza del mimo Allez Hop, due le canzoni, Ora mi alzo, l’Autostrada, in puro stile jazz, splendidamente interpretate da Cathy Berberian, nel 1958, Berio e Calvino collaborano in due veri e propri melodrammi o azioni musicali, come preferivano dire: La vera storia, le due possibili facce del Trovatore, e Un re in ascolto, sorta di Prospero teatrale che registra il fallimento di ogni illusione di rapporto tra la vita e il teatro, ci si sente l’ambigua riflessione della Tempesta di Shakespeare, melodrammi che non sono melodrammi, e forse nemmeno azioni musicali, nemmeno azioni, tout-court, perché niente è più possibile oggi che sia ciò che dichiara di essere. Vidi la creazione dello spettacolo Un re in ascolto a Salisburgo nel 1984, con la regia di Götz Friedrich, diretto da Lorin Maazel, e una sua ripresa a Londra nel 1989, con una splendida messa in scena di Graham Vick, certamente più viva e più interessante della messa in scena salisburghese. La derivazione shakespeariana messa in risalto. Berio era molto contento della collaborazione con Calvino: “Gli sono grato per la sua opera che è, in effetti, una delle più musicali nella letteratura di questo secolo, anche in virtù di quella moltitudine, di quella polifonia di livelli espressivi che lui aveva difficoltà a percepire nell’esperienza musicale”. Ma il rapporto di Calvino con la musica e in particolare con la canzone nasce prima, e con tutti altri intenti. nasce con il Cantacronache. Un’esperienza che fu ispirata dall’Opera da tre soldi di Brecht e Weil, messa in scena da Strehler al Piccolo di Milano, nel 1957, e che si avviò da prima nei salotti intellettuali di Torino, s’inserì nelle Feste dell’Unità di mezza Italia, e impostò un nuovo rapporto tra musica e parola, mettendo in primo piano la chiarezza quasi didattica dei testi e la immediata efficacia delle melodie. Il rapporto con la realtà sociale e politica del momento era assai stretto ma non era banalmente programmatico o ideologico.

Bastavano le storie a raccontare il presente. Il gruppo era formato da Sergio Liberovici e Michele L. Straniero, i fondatori, cui si aggiunsero subito Fausto Amodei e Margot, figlia di Carlo Galante Garrone e moglie di Liberovici. Si associarono, per i testi, Gianni Rodari, Giorgio De Maria, Emilio Jona, Italo Calvino, Umberto Eco. Non ebbero, naturalmente, ciò che si dice un successo popolare, ma furono il modello di molta canzone d’autore successiva, soprattutto genovese. De Andrè addirittura si richiama nella Guerra di Piero a Dove vola l’avvoltoio di Calvino e Liberovici. La sfida alla canzone di Sanremo era, come si poteva prevedere, perdente. E tuttavia fino a un certo punto. Anche Sanremo stava cambiando. Sarebbero venuti Domenico Modugno, Luigi Tenco. Cambiava anche l’Italia. Ma nella direzione che speravano Calvino, Berio, Liberoci, Umaberto Eco? Ma poi c’è anche l’esperienza della canzone parigina. In parte ne fece esperienza anche il pubblico televisivo: Gilbert Bécau, Charles Trenet, Juliette Gréco. Una canzone di Jacques Brel diventa addirittura un tormentone anche in Italia: Ne me quitte pas. Parigi è, del resto, un richiamo continuo anche per Calvino, che vi si stabilisce per molti anni, prima di ritornare a Roma, poco lontano dal Pantheon.

Daniela Giordano canta Calvino

È questa esperienza che Daniela Giordano ha voluto restituirci, in una indimenticabile serata al Teatro Le Sedie di Labaro, un sobborgo di Roma. Manuela Pasqui al pianoforte e con la partecipazione di Enrico Capuano e Giovanni Palombo, alle chitarre. La stessa Daniela Giordano, anche lei, con la sua chitarra. Ma Daniela Giordano è attrice, e dunque il suo canto si fa subito teatro. Tanto più che le canzoni di Calvino raccontano quasi sempre una storia o hanno andamento di ballata, oppure di filastrocca. Una canzone è diventata famosa: Dove vola l’avvoltoio. Magari molti nemmeno sanno che i versi – bellissimi – sono di Calvino, e la musica, raffinatissima proprio per il suo andamento di canto popolare, di Sergio Liberovici. Ma non poteva mancare anche il modello francese, ed ecco una bellissima canzone di Brassens. E tuttavia ce n’è una di canzone che sembra una premonizione del deserto attuale. Oltre il ponte. La terza quartina recita:
Avevamo vent’anni e oltre il ponte
oltre il ponte ch’è in mano nemica
vedevam l’altra riva, la vita,
tutto il bene del mondo oltre il ponte.
Queste parole allora sembravano di speranza. Ma in quegli anni Calvino stava anche scrivendo I nostri antenati. Il cavaliere inesistente, il visconte dimezzato e Cosimo di Rondeau sono tre aspetti del disincanto, dell’inafferrabilità del reale, dell’illusorietà delle speranze. Non esserci, vivere spaccati in due, e rifugiarsi sugli alberi, non salva dall’orrore del presente e, peggio, dalla catastrofe del futuro. “Ora io non so che cosa ci porterà questo secolo decimonono, cominciato male e che continua sempre peggio,” scrive il fratello di Cosimo nell’ultimo capitolo del romanzo. Come volesse confermare, attraverso la propria esperienza, la verità di Aristotele che definisce la speranza un’illusione proiettata nel futuro. Ma sempre un’illusione, comunque. Ecco, Daniela Giordano ci recitava la passione di questa illusione. Vera solo nel momento in cui ci s’illude, e a ricordarla, dopo, si è colti non tanto dal rimpianto – come si può rimpiangere qualcosa che non esisteva? – quanto dall’amarezza di constatarne appunto l’illusorietà. Era un’altra Italia, viene da pensare. Questa di oggi non le somiglia, anzi è forse addirittura un altro paese. Ma era davvero così impossibile, ci si chiede, che un’altra Italia, da questa delle disuguaglianze, delle ingiustizie, delle furbizie a poco prezzo, dei revanscismi, dei rigurgiti fascisti, potesse prendere forma, realizzarsi? Davvero solo una speranza e dunque un’attesa illusoria di ciò che è irrealizzabile? Davvero la vita è sempre “oltre il ponte”?
L’attesa, in quest’oggi così turbolento, sembra, come scrive il fratello di Cosimo, l’attesa del peggio. Due guerre alle porte e altre trenta negli altri angoli del mondo. E nessuna con l’idea di finire se non con l’estinzione del nemico. E all’interno di ogni popolo lacerazioni tra una classe e l’altra, tra un individuo e l’altro, anzi ciascun individuo un io diviso. vedere riconosciuto un diritto sembra, anzi è giudicato un’utopia. La classe operaia non solo non va in paradiso, ma resta dove è stata sempre: all’inferno. E con la voglia, sembra, di restarci, visto il gradimento delle destre estreme proprio tra chi un tempo apparteneva alla classe operaia. Il bravo borghese progressista si chiede come mai, che fanno questi sciagurati. E li depreca. Non si chiede però che cosa abbia fatto il bravo borghese progressista, prima, per conquistarsi la fiducia degli ultimi. Ha giocato d’astuzia con i poteri: finanziari, politici, militari. Immaginava, chi sa, di asservirli alla causa degli esclusi. Invece è stato asservito – conquistato, corrotto, convertito – lui, il bravo borghese progressista. E adesso che ci provi a ricomporre le uova che si sono rotte. Ma dove? ma come? Tutto il bene del mondo oltre il ponte. Moriremo, e il bene resterà sempre oltre il ponte. Aveva ragione Balzac: le illusioni si perdono, altrimenti non sarebbero illusioni.
Nota in margine: era una serata unica. Chi ha ascoltato ha ascoltato. Gli altri, al massimo, possono leggere un recoconto, come questo. Speriamo, tuttavia, e sperando che non sia l’illusione di Aristotele, che Daniela Giordano ci possa offrire molte altre serate come questa.
Labaro, Roma, Teatro Le Sedie, Calvino Cantacronache, Daniela Giordano. 8 dicembre 2023
Dino Villatico – 10/12/2023

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SWITCH di Daniela Giordano vince in Canada

Ed è vittoria in Canada per SWITCH di Daniela Giordano all’Altff_ Alternative Film Festival 2023 nella categoria cortometraggi come Best Drama International.

SWITCH (2023) opera seconda di Daniela Giordano, conquista il trofeo nella categoria Shortfilm come Best Drama International, dopo l’annuncio delle cinquine dei candidati.

Il cortometraggio affronta in modo totalmente inusuale e sorprendente la tematica dell’emancipazione femminile nel contemporaneo, mettendo al centro il valore universale dell’empatia e del coraggio di cambiare.

Complimenti all’autrice, regista e sceneggiatrice, Daniela Giordano, allo straordinario cast Daniela Margherita, Lena Sebasti e Fabrizio Apolloni, al direttore della fotografia Gianni Mammolotti, alla costumista Adele Bargilli, agli autori delle musiche Dario Arcidiacono e Giovanni Palombo, al montatore Gioele Stella.

L’importante riconoscimento canadese inaugura così la carriera di questa opera.

#alternativefilmfestival #altff #fall2o23

 

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Daniela Giordano premiata all’Anzio Film Festival

Francesca Piggianelli,Daniela Giordano,Simone Bartoli

Daniela Giordano riceve il Premio Speciale  per il  pluripremiato cortometraggio DI CHI E’ LA TERRA? all’ Anzio Film Festival

Cinemaitaliano.info i premiati

Il Corriere della città

Terza Pagina

Cineccità News

Annuario del Cinema

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Anzio Film Festival premia Daniela Giordano

Daniela Giordano con la direttrice Francesca Piggianelli e il conduttore Simone Bartoli

Ancora un riconoscimento per il pluripremiato cortometraggio DI CHI E’ LA TERRA? scritto e diretto da Daniela Giordano.  “La longevità di questo film – dice la regista-che continua a entusiasmare le platee di tutto il mondo, raccogliendo premi e riconoscimenti, mi fa pensare che le tematiche che affrontiamo siano ancora scottanti e che la riflessione sul tema del consumo e dello spreco dell’acqua meriti di essere ancora al primo posto. A distanza di cinque anni dal suo debutto internazionale al Mumbai Short Film Festival, questo cortometraggio ha continuato a viaggiare e a raccogliere premi in tutti i continenti. Una soddisfazione davvero grande. E un sincero ringraziamento alla direttrice artistica Piggianelli per averlo selezionato in questo festival e averlo di nuovo proiettato sul grande schermo!”

Sotto le stelle di Anzio nella suggestiva Villa Corsini Sarsina, grande successo ed emozioni per la rassegna Anzio Film Festival, che ha visto una grande partecipazione del pubblico nelle tre serate dedicate a temi importanti come il mare, sociale ed un omaggio ai grandi del cinema.

Assegnati Premi Speciali per i cortometraggi: DI CHI E’ LA TERRA? regia di DANIELA GIORDANO, ALDILA’ DEL MARE regia di MASSIMO IVAN FALSETTA, COME FOSSI UNA BAMBOLA regia di SARA CERACCHI, IL GIARDINO DEI SOGNI PERDUTI regia di SASHA ALESSANDRA CARLESI.

Riconoscimenti Speciali per i videoclip: ALLE PORTE DEL MARE di STEFANIA ROSATI, CI SARO’ di MARINA MUSER regia di FRANCESCO NISI, MY WONDERLAND di CLAUDIO ORFEI regia di CLAUDIO ORFEI, SONO COME TE di DANIELE SAVELLI regia di GABRIEL CASH, ALLELUIA di EUGENIO PICCHIANI regia di NINO VILLANI. SOGNA ANCHE TU di PHEBO Feat DAVIDE DE MARINIS

Presenti gli artisti e registi, giunti da ogni parte d’Italia, felici e sorpresi per aver ricevuto il Premio, con consensi da parte del pubblico che ha accolto con un caloroso applauso la loro partecipazione, ponendo delle domande e curiosità sulla realizzazione dei loro lavori.

Daniela Giordano premiata dalla direttrice artistica Francesca Piggianelli

A chiusura della rassegna Omaggio e Mostra con abiti originali Anna Magnani, a cura di Stefano Di Tommaso ed Anna Maria Cuzzolaro, anche autrice del libro Semplicemente Anna, presentato con alcune letture accompagnato con un omaggio musicale del Maestro Theo Allegretti. Testimonial d’eccezione Alma Manera, che ha incantato il pubblico con la sua lettura di prefazione del libro ed a sorpresa ha cantato un brano caro a Nannarella La brava artista ha ricevuto un Premio Speciale per la sua attività e sensibilità, al termine è stato proiettato il documentario “Ciao Anna” di Elfriede Gaeng.

Direttore artistico di Anzio Film Festival Francesca Piggianelli, organizzata dalla Pro Loco “Città di Anzio” e l’Associazione Culturale Romarteventi, la rassegna è stata condotta da Simone Bartoli e dall’artista Danilo Brugia, premiato per le sue molteplicità artistiche.

 

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Recensione: “Di chi è la Terra?” shortfilm

RECENSIONE:
DI CHI È LA TERRA di Daniela Giordano
SELEZIONE UFFICIALE FESTIVAL TULIPANI DI SETA NERA 2020
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LEGGI SUL SITO
www.tulipanidisetanera

L’acqua che scorre nelle tubature diventa il filo conduttore che lega le storie di due famiglie. Le rispettive condizioni di vita sono agli antipodi, metafora del mondo bipolare in cui viviamo: da una parte “mondo di sopra” che può permettersi di scegliere un approccio ecologico, sostenibile e plastic free, ma allo stesso tempo anche di sprecare l’acqua e toglierla a chi ne avrebbe più bisogno. Dall’altro lato il “mondo di sotto”, dove le persone percorrono chilometri ogni giorno, sperando di trovare dell’acqua per sopravvivere.

Se molti non riescono a sostentarsi, altri possono decidere di limitare i propri consumi. Una scelta, come mostra il cortometraggio, molto elitaria e non sempre così etica e sostenibile come sembra.

Il tema del cortometraggio è di grandissima attualità e soprattutto viene affrontato con grande originalità, spingendo la sensibilità dello spettatore a una riflessione molto profonda. La società contemporanea vive infatti il paradosso dello sviluppo: da un lato assunto come indicatore di progresso sociale e dall’altro come portatore di condizioni ambientali negative. L’unico modo per uscirne è risaldare le fratture, spingendo per politiche ambientali che siano contemporaneamente politiche di sviluppo, di innovazione tecnologica, sociali ed energetiche. Politiche che siano realmente eque, partecipate. L’originale cortometraggio ci ricorda l’urgenza di un ripensamento da parte di tutta la società moderna su se stessa. Riflessione che porti ad un nuovo paradigma di pensiero e comportamento che permetta di giungere ad una nuova ridefinizione del rapporto tra uomo e ambiente.

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Premio Speciale “Le Donne nell’Arte” a Daniela Giordano

La III edizione dell’ OFFI-Ostia Film Festival Italiano diretto da Francesca Piggianeli, consegna a Daniela Giordano il Premio Speciale “Le Donne nell’Arte” come attrice, sceneggiatrice e regista e per l’impegno nel trasmettere la cultura del cinema ai giovanissimi.

Nel corso della premiazione è stato presentato il trailer del film “Troppa Famiglia” diretto da Pierluigi Di Lallo in prossima uscita, nel quale è protagonista e sceneggiatrice.

La Giordano ha quindi parlato del suo impegno come docente, insieme a tanti nomi illustri come Franco Nero, nella Guys Film School diretta dalla sceneggiatrice Carmen Siciliano con il supporto del grande direttore della fotografia Gianni Mammolotti, la prima scuola rivolta ai giovanissimi sui mestieri del cinema.

Sul palco insieme alla direttrice artistica Francesca Piggianelli e al conduttore Massimo Zamponi a consegnare il premio il produttore Giampietro Preziosa.

 

 

Photos: Marco Bonanni e Giancarlo Fiori

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Anteprima al Cinema Lux del film Troppa Famiglia

Poster Troppa Famiglia

Finalmente approda sul grande schermo al Cinema Lux di Roma in anteprima a inviti, l’atteso film “Troppa Famiglia” , scritto da Daniela Giordano, Riccardo Graziosi e Pierluigi Di Lallo anche regista.

Attraverso gli intrecci e le vicende della famiglia Buongarzone, il film racconta di quella gran parte d’Italia che da un lato aspira al cambiamento e dall’altro alla conservazione, presentando un conflitto generazionale, sia economico sia di aspirazioni, che vedono i genitori opporsi ai figli e viceversa.

In un piccolo centro abruzzese nel febbraio del 2020, Alfredo Buongarzone (Antonello Fassari) e Felicetta Buongarzone (Daniela Giordano), commerciante in pensione lui e operatrice ecologica prossima alla pensione lei, entrambi vedovi con un figlio, Filippo (Alessandro Tiberi) e Giacomo (Ricky Memphys), sono felicemente sposati da 30 anni in seconde nozze, dalle quali è nata Maria Concetta (Claudia Potenza).
Hanno realizzato una perfetta famiglia allargata. I figli maschi, ormai grandi e sistemati, vivono lontano. Solo Maria Concetta è ancora a casa ma prossima al matrimonio con un facoltoso olivicoltore locale, Marcello (Riccardo Graziosi). È arrivato il momento per i due coniugi di potersi dedicare a loro stessi e ai loro sogni, progettano segretamente di cambiare vita, trasferendosi in Portogallo. Comunicheranno ai figli la loro decisione, il 29 febbraio, compleanno di Alfredo e del nipotino Andrea (Pietro Santercole), quando la famiglia si riunisce per festeggiare. Ma l’armonia familiare si scopre essere solo apparenza e per una serie di motivi diversi i tre figli scombineranno i loro piani, portando al colpo di scena dell’esito finale.
Nel prestigioso cast anche Rocìo Munoz Morales, Federico PerrottaKatty Felletti, Lena Sebasti.

Il regista Pierluigi Di Lallo con Daniela Giordano

Il film è prodotto da GattoFilm, Explorer Digital, Variety Distribution con il contributo della Regione Abruzzo.

A fine aprile 2022 l’uscita in sala per il pubblico.

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