ad aprile a Roma

marzo 10th, 2012 by Daniela

dal 17 aprile a Roma, Teatro Sala Uno

Orpheus par Daniela Giordano à Alger!

gennaio 21st, 2012 by Daniela

Orpheus ad Algeri

INSTITUT CULTUREL ITALIEN

ALGER
PROGRAMMATION CULTURELLE 2012
JANVIER
THEÂTRE  Jeudi 19 janvier 2012 à 19h00 Salle El Mouggar – Alger
en collaboration avec l’ONCI
« Orpheus »
Ecrit, dirigé et interprété par Daniela Giordano
Chorégraphie : Lamine Dabo
Danse : Jean Ndiaye
Musiques : Ismaila Mbaye et Djibril Gningue
A partir du mythe classique d’Orphée, le projet
« Orphéus » accomplit, d’après une nouvelle écriture et mise en scène
par Daniela Giordano, une sublime synthèse de langages visuels et sonores.
Poésie, théâtre, danse, musique et chant : l’écriture poétique devient
voix et se fond dans la danse, dans l’émotion du son qui joue en trio avec le
djembè et la kora.
Produit par CRT scenaMadre/Festad’AfricaFestival

convegno nazionale“Non solo donne”, venerdì 25 novembre 2011- Roma – Sala Mercede – Camera dei Deputati, Via della Mercede 55- ore 14.

novembre 22nd, 2011 by Daniela
Parteciperò con un intervento dal titolo  ” Pratiche artistiche e educazione alla non violenza”, nel Convegno Nazionale di Roma alla Camera dei Deputati . E’ un momento importante del percorso verso la messa in scena a marzo 2012 di “difesa di dama“ , testo spagnolo che con cruda verità, affronta il tema nascosto della violenza domestica, e un momento di verifica importante per me, per il mio percorso di artista e di essere umano di genere femminile.
Ho scelto di dedicarmi a realizare un teatro e una proposta artistica che fossero anche una missione di civiltà, oltre che di accrescimento culturale, per questo, ho sempre trattato il contemporaneo proponendo congiuntamente  arte e la riflessione sulle criticità che affliggono la nostra società . Dalle buone pratiche messe appunto in  10 anni di Festad’Africa Festival,  nasce ora questo nuovo percorso  legato a  difesa di dama.

nella foto: Arnaldo Ninchi, Daniela Giordano, Lorenzo Gioielli

Convegno di sensibilizzazione organizzato da Progetto Vittime e Associazione Europea Dialoghi – Roma 25 novembre 2011.
In occasione della giornata contro la violenza sulle donne, siete invitati al convegno nazionale“Non solo donne” che si terrà venerdì 25 novembre 2011 a Roma presso la Sala Mercede della Camera dei Deputati, Via della Mercede 55 alle ore 14.
Si vuole dare spazio a chi non ha mai avuto la possibilità di esprimersi. Dare una voce emotiva al dolore del parente o della vittima stessa di un atto criminale violento. Una qualsiasi situazione ha sempre più di un punto di vista. Una qualsiasi situazione può essere valutata attraverso molteplici risvolti. A seguito di un crimine violento di solito si cerca il colpevole. Di solito ci si concentra sul bisogno di fare giustizia del torto. Per crimine violenti si intendono atti omicidiari, abusi sessuali, atti di pedofilia. Più il crimine è efferato, più è importante fare giustizia. In questa ricerca spasmodica del reo si perde però l’umanità di un sistema che sembra disinteressarsi di chi ha subito il torto. Tutto ciò che non risolve il caso è sullo sfondo, trascurabile. Il punto centrale è assicurare il reo alla giustizia. In tal senso la voce della vittima o del parente o dell’amico diventa solo un elemento di ricostruzione di una dinamica che ha come vertice l’assassino, l’abusatore, il colpevole. Il resto non serve. Una volta arrivati ad un processo viene richiesto ai parenti e amici ed alle vittime di ripetere quello che è successo, pubblicamente. Riaprire le ferite con l’unico scopo di essere parte di un impianto accusatorio più o meno coerente. Non c’è spazio per la soggettività, per il dolore personale, per la cura della ferita. È un sistema meccanico che si auto genera ed esclude l’individualità del profondo disagio. Non vengono previste strutture adatte per accogliere chi ha subito il torto, non è previsto un percorso di cura ed accettazione del lutto. Ognuno per se utile solo ad un fine giustizialista.
Il convegno vuole, attraverso l’intervento di vittime, parenti e delle varie figure professionali che si occupano di reati violenti, porre l’attenzione su la parte umana e dolorosa dell’atto criminale. Progetto Vittime si occupa sia del lutto di un parente, sia della difficoltà dei professionisti che si occupano, sotto i vari profili professionali, di sanare legalmente, psicologicamente e socialmente una ferita che a volte appare inguaribile.
“Non solo donne” vuole porre l’attenzione sulla parte umana e dolorosa dell’atto criminale, sia dal punto di vista di varie figure professionali che si occupano di reati violenti, sia da chi il dolore lo ha vissuto sulla propria pelle…
e ora ha voce per raccontare

Intervengono
On. Silvia Costa- Deputato presso il Parlamento Europeo
Prof.ssa Daniela MarraniPresidente Ass. Europea Dialoghi
Dott.ssa Cettina Mezzatesta – Psicologa – Psicoterapeuta
Dott.ssa Imma GiulianiCriminologa
Dott.ssa Angela NicolettiGiornalista
Avv. Enrica Sassi – Avvocato
On. Lanfranco Tenaglia – Deputato presso la Camera dei Deputati della Repubblica Italiana
On. Claudio Bucci – Consigliere Regionale – Regione Lazio
Avv. Paolo CarnevaliAvvocato
Dott. Danilo LevoteCriminologo
Dott. Fabrizio MignaccaPsicologo Psicoterapeuta
Daniela Giordano – Attrice e produttrice
Collegamento in video-conferenza con Cagliari dal Convegno Nazionale “Educhiamo al rispetto delle donne”
Francesca Baleani
Stella Bonetti
Letizia Lopez
Paola Pellinghelli
Marzia Schenetti autrice del libro autobiografico “Il Gentiluomo. Una storia di stalking” ed. Il Ciliegio
Claudia Vincenzi autrice del libro “Plagiata” ed. Mondadori
Guglielmo Mollicone
Claudio Scazzi
Modera
Avv. Carlo Ioppoli

Daniela Giordano, attrice, regista e direttrice artistica di Festa d’Africa ci racconta in un’intervista di Orpheus, il suo ultimo spettacolo

ottobre 31st, 2011 by Daniela

http://www.vogue.it/vogue-black/the-black-blog/2011/10/daniela-giordano

di Cristina Ali Farah

Attrice di teatro, cinema e televisione, regista, autrice, Daniela Giordano è l’ideatrice e direttrice artistica di Festa d’Africa, Festival Internazionale delle Culture dell’Africa Contemporanea. Orpheus, spettacolo da lei scritto, diretto e interpretato, con danza e coreografie di Lamine Dabo e musiche composte ed eseguite dal vivo da Ismaila Mbaye e Gijbril Gningue, è in scena a Roma in questi giorni.

Qual è il tuo rapporto con il mito di Orfeo?

“Il mito di Orfeo ha attraversato tutta la mia vita, mi ha sempre affascinata da quando ero bambina. L’amore che ha il potere di sconfiggere la morte, la musica e quindi l’arte che avvicinano l’essere umano agli dei, mi facevano fantasticare di assoluto. Poi vidi in televisione l’Orfeo negro di Marcel Camus. Fui stregata dalla magia e dall’ambientazione della storia nel carnevale di Rio de Janeiro, l’amore, il dolore, la ricerca, la morte, il caos, dove figure infernali, (simbolicamente maschere di un carnevale) si mescolavano a esseri umani”.

Il tuo processo creativo, la riscrittura del mito, come è avvenuta?

“Scrissi Orpheus nel 2004, in una settimana credo o in una notte. Fu un gesto liberatorio. Dovevo riflettere sull’amore, la morte e sulla natura del divino. Vicende personali mi stavano lacerando, la morte di mio padre e la separazione dal mio compagno, avevo bisogno di mettere ordine nei miei sentimenti. Orpheus mi è venuto incontro per la via. Cosa non aveva capito l’eroe del mito? Lui che, col suo canto e il suo dolore, aveva ricevuto un dono unico dagli dei, quello di scendere vivo nell’Ade per riprendersi la vita della amata, la sua metà”.

Cosa è che rende nero questo Orfeo?

“L’Africa in tutti questi anni, di teatro, di scambi, di amici, di viaggi, di studi, mi ha insegnato molte cose. La pazienza, il sorriso, l’ascolto, il rapporto privilegiato con il dolore. Sono stati i luoghi della terra nei quali ho percepito la natura del divino. Per questo Orpheus è nato africano. Non avevo altro luogo dove poter immaginare un essere umano in marcia per trovare l’amore perduto, che poi coincide con il ritrovamento del sé, mentre la natura gli parla e si trasforma”.

Nello spazio del palco sei in continua relazione con i musicisti e il danzatore. Mi dici qualcosa su questo? Come siete riusciti a combinare i movimenti della danza con le parole e la musica?

“La ricerca espressiva nelle mie creazioni in teatro, si è sempre orientata alla contaminazione tra le arti e i generi. Il ritmo è tutto. Parto sempre da lì, per questo spesso i miei testi hanno una metrica. Con tutti gli artisti coinvolti nel progetto, ci conosciamo da tanti anni e abbiamo lavorato insieme molte volte, grazie a Festa d’Africa Festival. Chiesi a Lamine Dabo se se la sentiva di tornare a danzare per me: è uno dei migliori danzatori che abbia mai visto, eppure ha rischiato di perdere le gambe in un incidente, i medici gli avevano diagnosticato l’impossibilità a tornare a camminare, figuriamoci a ballare. Conosceva il viaggio all’inferno, lui c’era stato e poteva raccontare il corpo di Orpheus. Ismaila Mbaye e Djibril Gningue sono due sciamani, si divertono a suonare ma non perdono mai il contatto con ciò che li circonda, sono in perenne comunione con il cosmo e tutti i suoi abitanti. Formata compagnia ci siamo messi all’opera, ma potrei dire meglio, ci siamo messi in totale ascolto uno dell’altro. Così è nato questo Orpheus, dai molti linguaggi visivi e sonori, creando nuovi equilibri e nuove armonie policrome. Ogni volta che ci ritroviamo su un palco a raccontare Orpheus si ricrea questa magia”.

Cristina Ali Farah

Pubblicato: 31 ottobre 2011

Tags:africa, rio de janeiro, daniela giordano, festa d’africa, orpheus, lamine dabo, ismaila mbaye, gijbril gningue, marcel camus

I MISTERI D’AFRICA A ROMA SE ORFEO SIAMO NOI di Maurizio Bonanni

settembre 20th, 2011 by Daniela

L’OPINIONE delle LIbertà- quotidiano- Società E Cultura-16 Settembre 2011 -

Al Teatro di palazzo Santa Chiara, a due passi dal Pantheon, rivivono i miti classici, nelle esotiche atmosfere delle terre d’Africa. Daniela Giordano, attrice autrice e regista dello spettacolo “Orpheus”, nonché direttrice del Festa d’Africa Festival (“esportato” in tutto il mondo, con ampia soddisfazione delle etnie e delle razze più disparate) ha danzato, recitato e qualche volta cantato il mito rivisitato di Orfeo, il cantore dal volto umano che incantava e intratteneva gli dei con la sua voce. Certo, la “torsione” di scopo è stata da subito evidente, con Orfeo che si perde lungo la strada del ritorno, trasportandola in una barca “kajak”, la sua sposa fresca di nozze e, mentre il volgo agita il venticello della calunnia, parlando di uxoricidio, lui prepara la sua fede incrollabile, per tracciare il suo cammino discendente, verso un luogo da sempre definito come quello del non ritorno. Ad accompagnarlo è la luce della sua fede, cangiante come un’aurora boreale, in cui si intrecciano gli odori e gli umori della cosa misteriosa, miscelati dalla voce della Giordano, che estrae da un paravento luminoso e trasparente lo spirito del tempo, impersonato da un ballerino africano la cui storia personale è già di per sé un ritorno dall’Ade, in cui il moto di avvitamento verso l’alto, fuori dal cono fumante del vulcano, è frutto della pura volontà e della follia dell’umano osare oltre ogni proprio limite. Questo, in fondo, è anche il messaggio primordiale di Orfeo, che si scontra con la sua anima maschile che cerca fuori di se stessa il segreto dell’amore puro, che sta invece tutto chiuso al suo interno, come solo le donne sanno bene. E così la luce guizza su per l’erte scale, passo dopo passo, follia dopo follia. La danza si fa animale, con ombre cinesi e volumi che impersonano la dea della caccia, con le membra protese verso l’odore della preda. A volte, il corpo scuro semplicemente si tende elasticamente, in una danza nuziale avvolgente e struggente, fino alla totale compenetrazione, nel finale, tra la voce narrante femminile e l’essere duale maschile. L’aria della scena tutt’intorno gronda sensualità, come nell’attimo in cui lo sposalizio si consuma tra lenzuola immacolate, che debbono essere, una volta contaminate dal sangue virginale, mostrate al drago della curiosità morbosa, pronto a scatenare, in caso di una delusione, tutta la sua lussuria verbale, a sublimazione di un atto tanto desiderato quanto proibito a chiunque, tranne che al legittimo sposo. Ed ecco che, nel racconto della Giordano, Orfeo è condotto a rivivere, per meglio capire se stesso, i giochi d’infanzia, l’educazione paterna racchiusa in una sfera che rotola educata tra la mano del ballerino, sempre disteso come una corda ben stirata di violino, e quella della Giordano che, girando le spalle al pubblico, lascia grande spazio ai gesti, alla musica, ai suoni, davvero straordinari, di strumenti a noi del tutto sconosciuti, manipolati da un suonatore di tamburi che sviluppa in un quieto trance le sue percussioni ritmate. La Giordano, però, si rifiuta di assecondare il mito (laddove gli dei restituiscono Euridice a Orfeo e la lasciano andare con lui, a patto che l’eroe non si giri mai a guardarla, prima di aver abbandonato il territorio dell’Ade. Orfeo non resiste, si gira e la perde per l’eternità), descrivendo la gioia del marito e dei suoi parenti, quando Euridice giace nel letto nuziale come ogni sposa che si rispetti. La cosa più straordinaria, però, è che Orfheus, recitato in italiano, sia stato portato ai quattro angoli del mondo e “compreso” da tutti, qualunque fosse la loro lingua d’origine. Già, perché c’è qualcosa d’altro che crea l’universalità nelle cose e che trascende le parole, i mille vocabolari della terra. I misteri d’Africa, le armonie magiche delle voci, dei tamburi e della danza rendono visibile il misterioso, facendo dell’alieno un autoctono, in base ad un codice tutto da scoprire e che il teatro, i dialoghi, le tonalità e i gesti della Giordano e dei suoi attori/artisti ripercorrono fedelmente, senza trascurare alcun nesso tra le cose e i significati. Davvero una formidabile rivisitazione del classico, che tratta il teatro borghese come il serpente della mela nel paradiso terrestre!

Orpheus di Daniela Giordano torna a Roma!!!

agosto 11th, 2011 by admin

Orpheus 2011 a Roma ORPHEUS
Dal 6 all’11 settembre torna sulla scena romana, dopo due anni di successi internazionali, l’Orpheus di Daniela     Giordano,    ultimo appuntamento nel ricco cartellone del festival musicale del Teatro Palazzo Santa Chiara.

Uno spettacolo di musica, parola e movimento che partendo dal mito classico, realizza, nella scrittura e nella messa in scena di Daniela Giordano, una sublime sintesi di linguaggi visivi e sonori.

Una riflessione sul contemporaneo e sulla realtà multietnica che ha trasformato la nostra società. Lo spettacolo unisce e utilizza differenti codici culturali dall’ Europa all’Africa, dalla poesia al teatro, dalla musica alla danza, sottolineando le convergenze che mettono in evidenza l’interdipendenza tra diverse culture.
Orpheus propone un nuovo linguaggio teatrale che coniuga e armonizza suggestioni e saperi della cultura europea e della cultura africana, attraverso la danza, il teatro e la musica.
Insieme a Daniela Giordano in scena: il danzatore senegalese Lamine Dabo con le musiche dal vivo eseguite da Ismaila Mbaye, djembè e tama, e Djibril Gningue , canto e kora.
Lo spettacolo è prodotto da CRTscenamadre e Festad’AfricaFestival Internazionale delle culture dell’Africa Contemporanea 2011- X edizione.

Dice la Giordano su Orpheus: “ E’ uno spettacolo sull’Amore. Orpheus perde la sua donna perché ha perso l’amore. Ma lei conosce il suo smarrimento,e lo guiderà fino a ritrovare se stesso e l’amore perduto. Una bella favola contemporanea, insomma, con un lieto fine. La musica è fondamentale nel mio teatro, così come l’immagine, la parola e il movimento. Gli ultimi 15 anni della mia carriera artistica si sono molto legati all’Africa. Realizzare questo spettacolo, mettendo in relazione e mescolando la nostra cultura a quella africana, è la sintesi del mio percorso e della mia ricerca artistica.”

Lo spettacolo dopo Roma, sarà al Teatro Nazionale di Algeri , in Algeria, e al Festival di Teatro di Cartagine , in Tunisia.

 

Teatro Palazzo Santa Chiara . Piazza Santa Chiara 14, Roma, ( zona Pantheon)

prenotazioni e informazioni

info@palazzosantachiara.it

 

” Ti Piace” …. Daniela Giordano?

gennaio 10th, 2011 by Daniela

Daniela Giordano-Red Carpet -Le cose che restano

TI PIACE DANIELA GIORDANO?

DIVENTA FAN, CLICCA SU:
Daniela Giordano

Promuovi anche tu la tua Pagina

Platinette commenta “Le cose che restano” su DiPiù

dicembre 29th, 2010 by admin

i miei voti : 10 a Daniela Giordano

Platinette, La TV che vedo
i miei voti: 10 a Daniela Giordano

Mercoledì 22 e 29 terza e quarta parte di “Le cose che restano” di Tavarelli, ore 21, RAIUNO

dicembre 21st, 2010 by Daniela

Lunedì 13 e mercoledì 15 dicembre, RaiUno, ore 21.10, Le cose che restano di Tavarelli

dicembre 13th, 2010 by Daniela

Da questa sera su Raiuno andrà in onda Le cose che restano, la fiction scritta da Sandro Petraglia e Stefano Rulli, diretta da Gianluca Tavarelli, che racconta la storia di una famiglia normale che all’improvviso, schiacciata dal dolore per la morte di un figlio, si perde, si sgretola per poi ritrovarsi e ricomporsi in modo diverso.

Nelle quattro puntate della miniserie, prodotta da Rai Fiction, con la partecipazione di France Télévisions e MPF, prodotto da Angelo Barbagallo per Bibi Film Tv, faremo la conoscenza della famiglia Giordani, papà Pietro (Ennio Fantastichini), mamma Anita (Daniela Giordano) e dei loro quattro figli Nora (Paola Cortellesi), psicologa e madre single, Andrea (Claudio Santamaria), funzionario del ministero degli Esteri appena tornato in Italia, Nino (Lorenzo Balducci), architetto che lavora come manovale e Lorenzo (Alessandro Sperduti).

Attorno a loro ruotano numerosi personaggi come Shaba (Farida Rahouadj), una profuga clandestina alla ricerca di sua figlia Alina (Leila Bekhti), Francesca (Antonia Liskova), interesse amoroso di Nino, Valentina (Valentina D’Agostino), compagna d’università innamorata di Nino, il capitano dell’aeronautica Vittorio Blasi (Enrico Roccaforte), Alberto (Maurilio Leto), Lila (Karen Ciaurro), il professor Nicolai (Vincenzo Amato), Michel (Thierry Neuvic), paziente di Nora e interesse di Andrea, e il poliziotto Cataldo (Francesco Scianna).

Gianluca Tavarelli nelle note di regia scrive:

Le cose che restano racconta una vicenda del tutto diversa ma con la stessa straordinaria capacità di Rulli e Petraglia d’intrecciare le storie, di riuscire ad inventare snodi narrativi attraverso i quali la trama procede o cambia binario. Un grande affresco sulla sostanza della società italiana, anzi direi della società occidentale, che affrontano temi come l’immigrazione, l’omosessualità, un’apertura nuova nei rapporti interpersonali.

Il mio lavoro è consistito nel dare vita alla sceneggiatura attraverso gli attori, gli ambienti, la messa in scena vera e propria. Le vicende che il film racconta sono molto minime, tristemente quotidiane, piccoli spostamenti del cuore, grandi o piccoli tradimenti. Una quotidianità in linea con i miei film precedenti. Le cose minime sono raccontabili soltanto attraverso degli attori in grado di riportare quelle sfumature. È un film pieno di dolore, d’emozione tangibile. Era importante non renderlo lacrimevole, grazie a degli attori che recitassero in modo molto naturale, molto vero.

In dicembre su Raiuno il dramma familiare di Tavarelli

novembre 15th, 2010 by Daniela

Note di regia del film “Le Cose che Restano”

novembre 9th, 2010 by Daniela

http://www.cinemaitaliano.info/news/06249/note-di-regia-del-film-le-cose-che-restano.html

Avevo apprezzato enormemente “La meglio gioventù“, vidi il film tutto di seguito all’anteprima dell’Auditorium di Roma.
Mi piace molto in generale il racconto “nel tempo”, come Heimat, epopee che durano molto e sviluppano generazioni che si alternano, eventi storici che si mescolano con accadimenti privati. Quando Angelo Barbagallo mi ha proposto il progetto de “Le cose che restano” mi è piaciuto subito. Una vicenda che si svolge nell’arco d’un paio d’anni appena, ma che aveva bisogno d’uno sviluppo narrativo di sei ore perché i personaggi, i percorsi che compiono, hanno necessità di tempo. I traumi che la vita impone ai personaggi necessitavano d’uno sviluppo più lento. Rispetto all’eredità de La meglio gioventù non mi sono mai sentito penalizzato, anzi è un’ombra che fa bene. Sono orgoglioso di dire che “Le cose che restano” nasce da una costola di quel grande successo.
Le cose che restano” racconta una vicenda del tutto diversa ma con la stessa straordinaria capacità di Rulli e Petraglia d’intrecciare le storie, di riuscire ad inventare snodi narrativi attraverso i quali la trama procede o cambia binario.
Un grande affresco sulla sostanza della società italiana, anzi direi della società occidentale, che affrontano temi come l’immigrazione, l’omosessualità, un’apertura nuova nei rapporti interpersonali.
Il mio lavoro è consistito nel dare vita alla sceneggiatura attraverso gli attori, gli ambienti, la messa in scena vera e propria. Le vicende che il film racconta sono molto minime, tristemente quotidiane, piccoli spostamenti del cuore, grandi
o piccoli tradimenti. Una quotidianità in linea con i miei film precedenti. Le cose minime sono raccontabili soltanto attraverso degli attori in grado di riportare quelle sfumature. È un film pieno di dolore, d’emozione tangibile.
Era importante non renderlo lacrimevole, grazie a degli attori che recitassero in modo molto naturale, molto vero. Avevo subito pensato a Daniela Giordano per
il ruolo della madre, perché avevo già lavorato con lei in Paolo Borsellino. Sapevo che ha le corde perfette senza bisogno di “recitare”, con quel suo volto da bambina maturata. Lo spaesamento del personaggio della madre è stato reso da Daniela in modo naturale, senza mai calcare sull’angoscia, soltanto con il suo sorriso dolce che nasconde la disperazione. Nel caso di Claudio Santamaria, che interpreta il ruolo del fratello omosessuale, abbiamo cercato di raccontare l’amore di due persone l’una per l’altra sottraendoci a tutti i possibili luoghi comuni, alle posture del corpo o della voce, mirando all’anima di quel rapporto. Esattamente come
lo vive una coppia eterosessuale, con gli stessi desideri. Anche di Paola Cortellesi e di Ennio Fantastichini conoscevo già il potenziale enorme.
A me piacciono molto gli attori “caldi”, nel senso che abbiano un proprio vissuto, un loro mondo messo totalmente a disposizione del film. Penso che un padre come quello che interpreta Ennio non debba essere infallibile, non piangere mai,
ma che debba avere le sue debolezze. Però lui sa esserci nei momenti importanti, e quando ritorna è realmente un padre, non nel senso dell’autorità ma perché capisce i problemi dei figli e sa far sì che si aiutino da soli.
Più complicato è stato scegliere un attore per il ruolo di Nino, dell’età cioè d’uno studente universitario. Abbiamo fatto moltissimi provini. Lorenzo Balducci ne fece due, e alla seconda mandata interpretò tre scene perfettamente. È un attore che sa trasformare qualunque cosa gli fai fare in un modo vero e credibile. Nino è difficile, controverso, meno “positivo” rispetto agli altri personaggi. Critica le cose che fa, non è coerente, aggredisce il padre e poi si comporta nel suo stesso modo, a volte è saputello. C’era il rischio di rendere Nino antipatico, oppure di
spogliarlo di certe sue contraddizioni. Lorenzo è riuscito invece, malgrado i lati negativi del personaggio, a tenerci sempre dalla sua parte, a farsi capire. Per il ruolo del fratello minore cercavo invece un attore che fosse un po’ il suo opposto. Facendo una serie di provini abbiamo incontrato Alessandro Sperduti che è molto
allegro nella vita, ti trasmette subito un senso di amicizia. Sul set con gli attori in generale non abbiamo fatto grandi prove, quasi sempre abbiamo subito girato. Volevo che non perdessero la spontaneità, ma anche l’insicurezza che hanno la prima volta che interpretano una scena.
Spesso giravamo anche le prove. In una prima versione il testo s’intitolava “La casa”, ed era quella la protagonista del film. Ci abbiamo messo molto a trovarla, ad arredarla, trasformando degli uffici notarili dismessi in una dimora borghese. La casa è importantissima per quella famiglia numerosa, fracassona, e segue il percorso dei personaggi. Dopo un periodo iniziale di luci accese si va svuotando, rimane chiusa, al buio, e alla fine viene riconquistata gradualmente, stanza per stanza, riprendendo le sue funzioni vitali, la sua forza. Si riempie di altre vite, di altre situazioni. Analogamente la macchina di Lorenzo segue un percorso simile, evoca come un totem un personaggio che nessuno riesce a dimenticare. La macchina riprende poi vita, riporta Nino dalla madre esorcizzando un dolore. Dallo sfasciacarrozze la macchina diventa il simbolo di qualcosa che non puoi più portarti dietro per continuare a vivere.
Il film racconta gli immigrati come esseri umani a tutto tondo, capaci di pensare. Shaba infatti è il personaggio che capisce meglio quanto accade. Quando entra nella casa di notte con uno sguardo percepisce tutto ciò che era successo lì. Lei si conquista lo spazio da sola, con la sua bontà, la sua intelligenza, la sua capacità d’aiutare Nino senza mai chiedergli niente. Anche la madre di Nino si specchia completamente in Shaba.

Gianluca Maria Tavarelli

nella foto: Balducci, Fantastichini, Giordano, Santamaria

Le cose che restano di Tavarelli il 4 novembre al Festival del Cinema di Roma

ottobre 31st, 2010 by Daniela

Le cose che restano

 Regia di Gianluca Maria Tavarelli Spettacolo | Eventi Speciali

Titolo originale: Le cose che restano Paese: Italia Anno: 2010 Durata: 352′

Lingua originale: Italiano Titolo inglese: Longlasting Youth Proiezioni 04.11.2010 h 17:00, Salacinema Alitalia

 Le cose che restano è la storia di una famiglia che si divide e di una casa che si svuota, a seguito di un evento doloroso. Ma è anche la storia di come, a poco a poco, la famiglia e la casa ritrovano vita e senso, lasciandosi abitare – e contaminare – da nuove esistenze. Nora (Paola Cortellesi), Andrea (Claudio Santamaria) Daniela Giordano al centro della foto, in un momento drammatico del film Nino (Lorenzo Balducci) , la madre Anita ( Daniela Giordano) e il padre Pietro (Ennio fantastichini) reagiscono con fatica e coraggio al disorientamento che li colpisce, cercando – fuori e oltre la famiglia – altri mondi, altri amori, altre spinte a vivere. Accanto ad essi si muovono i nuovi cittadini italiani, uomini e donne tra i venti e i quaranta anni, presi nel giro del lavoro che c’è e non c’è, della responsabilità e della moralità che si appannano, delle guerre che combattiamo senza dire che le combattiamo, dei popoli che vengono a noi dalla povertà e ci interrogano. Una lunga maratona in quattro capitoli, una storia che cerca di raccontare chi siamo, cosa siamo diventati, e cosa non vogliamo più essere. Così, questa famiglia che confusamente resiste e faticosamente si ricompone, si fa simbolo di un intero paese alla ricerca di una nuova identità. Presentato in anteprima al Festival Internazionale del Film di Roma in una versione appositamente realizzata per l’occasione. Cast Paola Cortellesi, Claudio Santamaria, Lorenzo Balducci, Daniela Giordano, Ennio Fantastichini, Antonia Liskova, Leila Bekhti Credits Regia: Gianluca Maria Tavarelli; Sceneggiatura: Sandro Petraglia, Stefano Rulli; Fotografia: Roberto Forza Montaggio: Alessandro Heffler; Scenografia: Sonia Peng; Costumi: Claudio Cordaro; Musica: Marco Betta; Produttore: Angelo Barbagallo; Produzione: BiBi Film (Italia), Rai Fiction (Italia), MFP (Francia), France 2 (Francia); Distribuzione internazionale: Rai Trade (Italia)

Grande successo dell’Orpheus al Cairo

ottobre 28th, 2010 by Daniela

GRANDE SUCCESSO DELL’ORPHEUS

dal sito http://www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/italiano/eventi/viewevento.asp?idx=3568 pubblicato il 28 ottobre 2010

 

La locandina dello spettacolo Il Cairo.

Grande successo dello spettacolo Orpheus, presentato alla XXII edizione del Cairo International Festival for Experimental Theatre, dal 10 al 20 ottobre. Lo spettacolo, scritto e diretto da Daniela Giordano, sostenuto dall’ Ambasciata e dall’Istituto Italiano di Cultura del Cairo nel prestigioso contesto della X edizione della Settimana della lingua italiana nel mondo, si è evidenziato per l’alta qualità della performance, richiamando, oltre ad un numerosissimo pubblico, l’attenzione dei media locali, in particolare giornali e riviste del settore e della televisione nazionale egiziana. In particolare la rete televisiva Ch 2 Egypt, canale satellitare, ha dedicato un grande spazio all’evento, trasmettendo parti dello spettacolo e invitando la compagnia ad esibirsi dal vivo.

La suggestione dello spettacolo è stata tale che molti giovani attori e attrici hanno chiesto di potere approfondire la conoscenza dei metodi del teatro italiano, sollecitando la possibilità di attuare dei workshops al Cairo. Sia il Ministero della Cultura egiziano che la Direzione del Festival hanno trovato la proposta particolarmente interessante e hanno manifestato grande interesse alla sua realizzazione.

Anche il Direttore dell’ Istituto Italiano di Cultura, Patrizia Raveggi, ha espresso ampia apertura alla realizzazione dell’ iniziativa, trovando che un progetto di formazione in loco risulterebbe particolarmente utile per avvicinare alla conoscenza della cultura e del teatro italiano, i giovani studenti di arte e arte drammatica. Allo scopo ha offerto la disponibilità a mettere a disposizione, per la realizzazione dei workshops, il teatro dell’ Istituto.

 

intervista a Daniela di Nourdine Betayb per tunisian press

ottobre 24th, 2010 by Daniela

stampa tunisina

ORPHEUS-15 e 16 ottobre 2010 Al-Arayes Theatre, Il Cairo

ottobre 10th, 2010 by Daniela

Orpheus di Daniela Giordano – Il Cairo, 15 e 16 ottobre alle 19.00 al Al-Arayes Theatre, Ataba Sq. -
XXII edizione Cairo International Festival for Experimental Thatre,10-20 ottobre 2010
una produzione CRTscenamadre/Festad’AfricaFestival

Un Orpheus contemporaneo in Egitto

ottobre 8th, 2010 by Daniela

Orpheus scritto, diretto e interpretato da Daniela Giordano

Teatro: un Orpheus contemporaneo in Egitto/ dalla Home page del Ministero degli Affari Esteri 

08 Ottobre 2010
L’Orpheus scritto e diretto da Daniela Giordano, con le coreografie di Lamine Dabo, vola in Egitto dal 10 al 20 ottobre 2010. La compagnia è stata scelta a rappresentare l’Italia nel cartellone della XXII edizione del Festival Internazionale del Teatro Sperimentale al Cairo, che offre più di 60 spettacoli provenienti da tutte le nazioni del mondo. Lo spettacolo è stato inserito dall’Istituto Italiano di Cultura del Cairo fra le manifestazioni previste per celebrare la Settimana della Lingua Italiana nel Mondo.Partendo dal mito classico,l’Orpheus contemporaneo di Daniela Giordano, utilizza differenti codici culturali dall’Europa all’Africa, dalla poesia al teatro, dalla musica alla danza,mettendo in evidenza non solo l’interdipendenza tra diverse culture, ma raccontando anche come le nostre società si stanno trasformando. Sulla scena, insieme a Daniela Giordano e Lamine Dabo, Gjibril Gningue alla Kora e una preziosa new entry: il grande percussionista Sena MBaye.

L’Orpheus ha debuttato a Roma nel settembre 2009 nell’ambito dell’XIII edizione del Festa d’Africa Festival di cui è direttrice Daniela Giordano e continua, con successo, la tournèe nazionale e internazionale. E anche la IX edizione del festival, appena conclusa, ha ottenuto un successo straordinario sia per il pubblico che per la stampa nazionale e internazionale ed ha avuto prestigiosi patrocini, nazionali ed internazionali, tra cui anche quello del MAE.

Orpheus vola al Festival Internazionale di Teatro del Cairo

settembre 30th, 2010 by Daniela
 

 

 

 
Lo spettacolo Orpheus, scritto e diretto da Daniela Giordano, con le coreografie di Lamine Dabo, vola in Egitto dal 10 al 20 ottobre 2010. La Compagnia è stata scelta a rappresentare l’Italia nel ricco cartellone dela Ventiduesima edizione del Festival, che offre più di 60 spettacoli provenienti da tutte le nazioni del Mondo. Un grande riconoscimento che si aggiunge ai successi già raccolti in Italia e all’estero dallo spettacolo. Sulla scena insieme a Daniela Giordano e Lamine Dabo, Gjibril Gningue alla Kora e una preziosa new entry: il grande percussionista Sena MBaye.

 

 
Lo spettacolo Orpheus, scritto e diretto da Daniela Giordano, con le coreografie di Lamine Dabo, vola in Egitto dal 10 al 20 ottobre 2010. La Compagnia è stata scelta a rappresentare l’Italia nel ricco cartellone dela Ventiduesima edizione del Festival, che offre più di 60 spettacoli provenienti da tutte le nazioni del Mondo. Un grande riconoscimento che si aggiunge ai successi già raccolti in Italia e all’estero dallo spettacolo. Sulla scena insieme a Daniela Giordano e Lamine Dabo, Gjibril Gningue alla Kora e una preziosa new entry: il grande percussionista Sena MBaye.
Festad’AfricaFestival News

LA CULTURA della DIVERSITA’ di Maurizio Bonanni/L’Opinione

settembre 23rd, 2010 by Daniela

Al Teatro Palladium, nel cuore della Garbatella, quartiere popolare modello del periodo del Ventennio, sul tema: “Diversità culturale, un bene per tutti”, si è svolta dal 15 al 18 settembre, la nona edizione della “Festa d’Africa-Festival internazionale delle culture dell’Africa contemporanea”. La manifestazione è stata promossa e organizzata dal “Centro Ricerche Teatrali scena Madre”, diretto da Daniela Giordano, attrice e regista. Alla realizzazione hanno assicurato il loro concreto sostegno l’Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione del Comune di Roma e l’Università  “La Sapienza” – Dipartimento di Lingue per le Politiche Pubbliche. Ha aderito, altresì, la Presidenza della Repubblica con il suo Premio di Rappresentanza. Per il patrocinio, si citano: il Senato della Repubblica; la Camera dei Deputati; i Ministeri degli Affari Esteri, dei Beni Culturali, e delle Pari Opportunità; la Commissione italiana per l’Unesco; le Ambasciate di Tunisia e Senegal. Come si vede, quindi, la cultura della diversità rappresenta qualcosa di più di una semplice dichiarazione di intenti. Quasi una piccola.. Onu! Già, perché le idee, come si sa, camminano -solo ed esclusivamente- sulle gambe e “attraverso” le anime degli uomini (in questo caso, di una donna “illuminata”, come Daniela Giordano!).

In particolare, sull’onda dell’equazione “diversità x diversità”, il 17 settembre la compagnia “Divano Orientale Occidentale” ha presentato lo spettacolo teatrale “Ammaliata”, definita come (lett.) una “orchestra popolare per coro di sei voci e tre seggiole”, scritto e diretto da Giuseppe L. Bonifati. Il modulo (per la verità, ben lontano dall’espressività e dalle escissioni chirurgiche -una vera lobotomia del conformismo benpensante e dell’ipocrisia sociale siciliana, a beneficio della cruda verità- operate dalla drammaturgia teatrale di Emma Dante) si è orientato sull’ambiguità di genere, con tre lugubri prefiche impersonate da attori maschi, con voci bianche mature ed isteriche. I (le) tre vestiti di nero, con i visi tinti di biacca, trattati come pareti murarie di Paesi meridionali bruciati dal sole, sono stati affiancati da due giovani donne ed un prestante attore di colore, con il ruolo di rubacuori. Le esistenze delle due ragazze vengono tiranneggiate e dirette dalla prefica in capo, orfana della figlia morta giovane, con una sequenza -decisamente ridondante- di impacciati minuetti, grida a sorpresa, operati con tonalità rigorosamente sopra le righe. Allo spettacolo è venuto a mancare un vero filo conduttore, nella vana attesa di un messaggio chiaro ed incisivo sulla diversità culturale, che non fosse quella dialettale fin troppo “caricata”. Insomma, un po’ fuori tema.

Viceversa, sabato 18 settembre “Keur Senegal” di Lamine Dabo,  ha visto andare in scena quindici fantastici artisti senegalesi, tra danzatori, musicisti, ballerini acrobati e cantanti del gruppo Farafinaritmi, con il grande il ritorno sulla scena romana del percussionista Sena MBaye. “Keur” in wolof, la lingua nazionale in Senegal, vuol dire “casa”, mentre il canto “Keur Senegal” rappresenta l’occasione, per uomini e donne, maestri della loro arte, di riunirsi la sera, al chiaro di luna, per festeggiare e chiacchierare tra di loro, al suono degli strumenti musicali tradizionali. La forza e l’energia di suonatori e ballerini, unita a canti e recitativi di grande intensità, ha portato i misteri e il fascino dell’Africa al centro del palcoscenico, il cui spazio si è rivelato del tutto insufficiente a contenere i ritmi, le acrobazie, i fuori programma, i salti di scala, le dilatazioni delle percussioni fino allo sfinimento fisico di quei magnifici interpreti di se stessi. Gli artisti senegalesi hanno messo al centro della rappresentazione l’anima del loro popolo, con ballerine a dimensione “reale”, né “palestrate”, né patinate, come quelle dei “variety show” televisivi nostrani, sempre troppo “bambole” per essere vere.

Ed i percussionisti hanno dato dimostrazione pratica dei movimenti rapidi, catturati dai quadri futuristi di Balla e Boccioni: le mani agivano tanto velocemente sul cuoio dei tamburi da trascinarne la stessa materia fisica in una scia sequenziale di livelli cromatici e di tonalità, fino a confondere i sensi, per cadere nell’estasi di una danza giocata -in ogni direzione, secondo linee ora curve, ora rettilinee-  con incredibile potenza di braccia e gambe, in un crescendo senza fine di gestualità, espressività e fisicità. L’Africa pacifica ha mostrato le sue.. “gambe”, così robuste da portare lontano da qualunque forma inutile di violenza e di guerra, categorie che, in fondo, appartengono solo alla cultura occidentale e alla sua “famelicità” (umana ed economica), incarnata dallo schiavismo e dalla deportazione di intere popolazioni africane nel continente americano. Quando riusciremo a rimarginare quelle ferite?  La Giordano ci dà una speranza, non appartenendo né a lei né a noi la.. “certezza” di farcela! 

Dialogare per la pace, torna la «Festad Africa»

settembre 9th, 2010 by Daniela

pubblicato su il Manifesto del 8 settembre 2010
di Laura Landolfi

La nona edizione dal 15 al 18 settembre al Teatro Palladium
«Meglio la sagra della porchetta che una festa di africani». Quando nove anni fa Daniela Giordano, direttore artistico di Festad’Africa contattò la Regione Lazio questa fu la risposta che le venne data. Molte cose sono cambiate da allora e oggi il festival continua a non avere l’appoggio della Regione né – per la prima volta – quello della Provincia ma quello incondizionato del Comune sì. Così un orgoglioso Umberto Croppi annuncia il suo finanziamento di 30.000 euro al festival che rientra nell’Estate romana «un esempio di capacità di mettere insieme spettacolo e culture diverse grazie a una serie di relazioni consolidate con i paesi coinvolti», una sorta di operazione di «diplomazia internazionale» insomma. Ma il vero riconoscimento sono il premio di rappresentanza del presidente della Repubblica e un messaggio inviato dal presidente della Camera. Testimonianza che in questi anni il festival, in scena al teatro Palladium (piazza Bartolomeo Romano 8) dal 15 al 18 settembre grazie anche all’Università La Sapienza, è andato avanti nel suo percorso per creare un dialogo per la pace. «Anche se – sostiene il direttore artistico – questo è stato l’anno più difficile perché la crisi internazionale spesso viene usata come alibi quando bisogna finanziare progetti simili». Ma il comitato organizzativo della rassegna va avanti nonostante tutto «perché l’Africa è l’emblema della diversità, infatti non c’è un posto o un cibo uguale se la si attraversa da nord a sud». La storia di Festad’Africa è quella dell’evoluzione del linguaggio: «Gli africani erano indicati solo come vù cumprà così parlavamo di tolleranza perché i tempi non erano ancora pronti mentre oggi abbiamo fatto un passo avanti e parliamo di accoglienza». Il festival si apre il 15 con una tavola rotonda dedicata alla cittadinanza che ospita i due firmatari del disegno di legge per il diritto di cittadinanza Fabio Granata e Andrea Sarubbi, seguirà la proiezione del film-documentario di Camilla Ruggiero Fratelli d’Italia dedicato all’integrazione degli adolescenti immigrati. Tra gli spettacoli il 16 la compagnia tunisina L’Art des Deux Rives con Zirriat bliss , ovvero le serve di Jenet in chiave israelo-palestinese, per l’Italia la compagnia Divano Orientale Occidentale presenta Ammaliata (il 17). Il 18 quindici artisti senegalesi in Keur Senegal diretto da Lamine Dabo chiuderanno la rassegna mentre ogni pomeriggio incontri coordinati dalla stessa Giordano e da Alessandro Jedlowsky aiuteranno a far «circuitare le idee».

Festad’AfricaFestival2010

settembre 8th, 2010 by Daniela

Con l’Adesione e il Premio di Rappresentanza del Presidente della Repubblica

Festad’Africa Festival 2010

Festival internazionale delle culture dell’Africa contemporanea

 Diversità culturale un bene di tutti
nona edizione

Direzione artistica Daniela Giordano
dal 15 al 18 settembre 2010 – Teatro Palladium, Roma

È un evento del CRT scenaMadre

 

Con il sostegno di:

Comune di Roma Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione; Dipartimento di Lingue per le Politiche Pubbliche Università di Roma “La Sapienza”
Con il patrocinio di:
 Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Ministero dei Beni Culturali, Ministero per le Pari Opportunità, Ministero degli Affari Esteri, Commissione Italiana per l’UNESCO

 Ambasciate di Tunisia e Senegal

 

In collaborazione con:

Il Labirinto-Progetto Educinema

Cliccaquì-Roma

Alcantara Teatro/ Mediterraneo

Afriwines

 

Con l’adesione e il Premio di Rappresentanza del Presidente della Repubblica Festad’Africa Festival internazionale delle culture dell’Africa contemporanea giunge nel 2010 alla nona edizione, promossa e organizzata dal Centro Ricerche Teatrali scenaMadre, diretto da Daniela Giordano, attrice e regista, realizzata con il sostegno dell’Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione del Comune di Roma, e dell’Università  “La Sapienza” - Dipartimento di Lingue per le Politiche Pubbliche.

La nona edizione di Festad’Africa festival internazionale delle culture dell’Africa contemporanea si realizza con i patrocini di Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Ministero dei Beni Culturali, Ministero Affari Esteri, Ministero alle Pari Opportunità, Commissione italiana per l’Unesco,  Ambasciate di Tunisia e Senegal.

Questa edizione sceglie di continuare il suo percorso che considera la cultura il luogo ideale per la costruzione di un dialogo pacifico tra le genti e si intitola

 Diversità culturale, un bene di tutti

 Il Festival, unico nel suo genere in Europa, da anni promuove e sostiene le espressioni artistiche contemporanee del continente africano, con lo scopo di conoscerne e diffonderne i contenuti e i valori universali e di sensibilizzare, attraverso la cultura, l’integrazione e l’incontro tra culture e popoli.

Il festival ha creato, in questi anni, la consuetudine di affrontare tematiche scottanti della nostra contemporaneità ( i bambini soldato, le mutilazioni genitali femminili, la povertà e l’impoverimento, la condizione delle donne, le guerre etniche, l’immigrazione , diritto alla cittadinanza,…), attraverso lo sguardo degli artisti che, con il linguaggio dell’arte e con differenti mezzi, dal teatro, alla danza, al cinema, sono in grado di leggere la realtà, traducendo fatti e accadimenti, in una sintesi poetica e metaforica, capace di sensibilizzare e comunicare con un pubblico, anche non preparato, creando coscienza e offrendo informazione e riflessione.

La nuova composizione della società contemporanea nella quale viviamo, multietnica e multiculturale, ci obbliga a riflettere sul valore delle diversità come opportunità per approfondire il valore della nostra identità in relazione e nel dialogo con culture differenti.

La grande crisi economica globale porta con sé il grave rischio di comportamenti violenti e razzisti che bisogna contrastare, alimentando e sostenendo la promozione, la produzione e la circuitazione delle idee e dell’arte. L’impoverimento culturale è infatti alla base dei comportamenti xenofobi e di intolleranza religiosa dei quali siamo testimoni. E’ necessario non abbassare la guardia e impegnarsi in azioni vigorose che creino costantemente le occasioni per un confronto costruttivo e di dialogo interculturale. I risultati che Festad’Africa Festival ha conseguito dal 2002 a oggi, in otto edizioni, confermano che è possibile e strategico investire nella cultura contemporanea, e che questa azione culturale, sociale e politica, va estesa oltre i confini del nostro vivere quotidiano.

(Daniela Giordano)

Fino ad oggi sono state coinvolte e presenti al Festival trentacinque nazioni diverse, e questo ha contribuito a diffondere  nel mondo la cultura africana e a sensibilizzare il pubblico al suo valore.

Il Festival persegue la finalità di contribuire alla creazione di una cultura di pace e di pacifica convivenza, basata sulla conoscenza, il rispetto reciproco e sul valore delle differenze, promuovendo l’incontro e il dialogo tra culture differenti, attraverso la danza, il teatro, la musica, il cinema, la letteratura e gli incontri.

Artisti e società civile impegnati nell’opera di rinnovamento, si incontrano per diffondere il loro lavoro e la loro ricerca espressiva e culturale all’interno del più universale contesto umano, contribuendo a formare una nuova coscienza priva di pregiudizi e un nuovo atteggiamento disponibile al dialogo.

Obiettivo primario del festival è creare valore per le comunità locali inserendole in un contesto di confronto sopranazionale, affidando al teatro e alle arti così indirizzate, il compito di avvicinare le genti, nel rispetto e nella tolleranza.

Dalla cultura dei padri al destino dei figli quest’anno il Festad’Africa festival propone un approfondimento sulle diversità culturali e linguistiche aprendo anche lo sguardo alle diversità culturali di una stessa nazione.

La programmazione tutta romana si inaugura il 15 settembre al Teatro Palladium – Università Roma Tre,  con una tavola rotonda su Immigrazione-Cittadinanza che vuole focalizzare sul diritto di cittadinanza per le seconde generazioni di immigrati in Italia.

Giornata  realizzata in collaborazione con Il Labirinto-Progetto Educinema .

Ne discuteranno , con la platea, i politici e i giuristi, esperti del settore, invitati.  Sono stati invitati: On. Fabio Granata e On. Andrea Sarubbi, firmatari del disegno di legge per il diritto alla cittadinanza; Maruan Oussafi, responsabile nazionale di Anolf Giovani di 2 Generazione, e Osama Al Saghir, Associazione Giovani Musulmani in Italia . Conduce Marino Sinibaldi direttore di RAI RADIO3.

Presentazione dei film-documentario, Sei nel mondo diretto da Camilla Ruggiero ( Italia 2006) e Fratelli d’ Italia ( Italia 2009), diretto da Claudio Giovannesi , che affrontano il tema dell’ integrazione degli adolescenti immigrati in Italia.

 Il 16 settembre verrà poi presentato lo spettacolo la compagnia tunisina L’art de le deux rives, presenta in prima nazionale e europea , Zirriât bliss ( I semi di lucifero), ispirato all’opera teatrale “Les Bonnes” e agli articoli “I palestinesi” e “4 ore a Chatila” di Jean Genet, adattato dal drammaturgo tunisino contemporaneo Ibrahim Ben Amor, con la regia di Hafedh Kalifa. Le musiche sono di Evelina Meghnagi.

Se i personaggi femminili del testo di Genet, si trovano private della loro libertà, incapaci di decidere sul loro destino, queste donne parlano soprattutto della loro femminilità in un territorio lontano e oscuro. Si parla della femminilità ma la metafora teatrale affonda la riflessione sulla questione Israele-Palestina, in un ottica nuova e interessante: porre l’accento sul conflitto interno palestinese. Uno spettacolo che gode delle magistrali interpretazioni delle grandi attrici tunisine: Ben Yahia Jalila e Dalila Meftafi. Completano il cast : Nourhène Bouzaïane, Hajer Ben Saïd, Mansour Sghaïer.

 Nella proposta tematica “Diversità culturale, un bene di tutti”, il festival  propone  una compagnia italiana con testo italiano, che parla del nostro oggi multiculturale e multietnico, importante testimonianza delle molte Italie che convivono nella nostra nazione.

Il 17 settembre la compagnia Divano Orientale Occidentale presenta Ammaliata, orchestra popolare per coro di sei voci e tre seggiole , drammaturgia e regia

Giuseppe L. Bonifati con la collaborazione di Cecilia Di Giuli con Luigi Tabita, Fabio Pappacena, Maurizio Semeraro, Roberta De Stefano, Lisa Severo, Giuseppe L. Bonifati. La valorizzazione delle diversità culturali, ci spinge a cogliere la ricchezza e la varietà del nostro territorio, e a comprendere con maggior chiarezza l’appartenenza di ogni singolo segmento a un Tutto, che nella sua complessità, non può essere semplificato in nessuna parte. La ricerca drammaturgica di Bonifati, è partita come una larga spirale di lingue calabresi, con certe assonanze della Campania, della Puglia e della Basilicata, che arrivano dal mare, dalla montagna, a celebrare matrimoni di suoni, oscuri riti popolari.

Chiude il festival sabato 18 settembre Keur Senegal di Lamine Dabo che coinvolge in scena quindici artisti senegalesi tra danzatori, musicisti, ballerini acrobatici e cantanti del gruppo Farafinaritmi e che segna, anche, il ritorno sulla scena romana, del grande percussionista Sena MBaye. “Keur” in wolof, la lingua nazionale in Senegal, vuol dire “casa”. In Senegal il canto “Keur Senegal” è l’occasione per uomini e donne, maestri della loro arte di riunirsi, di festeggiare e di chiacchierare al suono degli strumenti musicali tradizionali la sera, al chiaro di luna.

Ogni pomeriggio alle 19.30 incontri con artisti immigrati coordinati da Daniela Giordano  e Alessandro Jedlowsky  .

  • 16 settembre: Diversità culturale: EDUCAZIONE”
  • 17 settembre Diversità culturale: ARTE
  • 18 settembre: Diversità culturale: POPOLI

Nel foyer ispirandosi al titolo del festival “Diversità culturale un bene di tutti” Alessandra Toro presenterà un’esposizione dal titolo ANWAR PER AGENDA 21, su tre etnie che si sono battute per l’autodeterminazione dei loro popoli, : i CHEWA del Malawi, i SAHRAWI del Sahara Occidentale e i SAN del Kalahari.

senzatomica.it

giugno 1st, 2011 by Daniela

giugno 1st, 2011 by Daniela



<---end SenzAtomica--->

Daniela Giordano con AMREF per il Progetto Malkia/Regine!

gennaio 11th, 2011 by Daniela

VENTI REGINE AFRICANE IN SCENA CON BRECHT
In gennaio il Malkia Theatre di AMREF al Leonardo di Milano e all’Archivolto di Genova
con un libero adattamento del “Cerchio di Gesso del Caucaso” del drammaturgo tedesco.
Madrine dell’evento Ilaria Borletti Buitoni, Cristina Comencini, Maria Concetta Mattei, Daniela Giordano, Marta Vincenzi e madrina d’eccezione l’immancabile Giobbe Covatta.
AMREF e Teatro delle Briciole Solares Fondazione delle Arti portano in scena al Teatro Leonardo da Vinci di Milano (dal 13 al 16 gennaio) e al Teatro dell’Archivolto di Genova (il 22 gennaio) un libero adattamento del “Cerchio di Gesso del Caucaso” di Bertolt Brecht, ispirato a sua volta a un’antica favola cinese e al giudizio biblico di Salomone. A interpretarlo è il gruppo formato da venti ragazze nate e cresciute nelle baraccopoli di Nairobi che negli ultimi cinque anni hanno partecipato al Progetto Malkia (“regine” in swahili), il percorso artistico e formativo promosso da AMREF nella capitale del Kenya che attraverso la recitazione ha offerto loro un’occasione di espressione e di riscatto, sotto la guida della regista e drammaturga Letizia Quintavalla.
«Essere una giovane donna in una delle baraccopoli dell’Africa Subsahariana rappresenta una delle sfide più difficili del nostro tempo – è il pensiero comune delle Madrine di Malkia per AMREF Italia – Con la messa in scena di questo spettacolo vogliamo richiamare nuovamente l’attenzione e l’impegno di tutti sulla drammatica condizione delle adolescenti nelle aree urbane del continente africano. Per il miglioramento della società, infatti, è necessaria l’inclusione delle fasce più emarginate, a partire dalle donne, perché le opportunità di sviluppo dell’Africa poggiano in primo luogo sulle loro spalle, sul loro senso di responsabilità e solidarietà e sul loro spirito di intraprendenza professionale ed economica».
Ogni anno nei Paesi in via di sviluppo 82 milioni di ragazze adolescenti vanno in spose, 14 milioni danno alla luce un bambino, 83 milioni non sanno leggere né scrivere, mentre un numero imprecisato è costretto ad abbandonare la scuola mettendo a rischio la propria salute. Negli slum dell’Africa Subsahariana – dove si concentra il 74 per cento della popolazione urbana, e dove i dati sulla salute sessuale e riproduttiva delle donne sono simili a quelli tradizionalmente negativi che si registrano nelle aree rurali – nella fascia d’età tra i 15 e i 24 anni il numero di ragazze sieropositive è fino a cinque volte superiore a quello dei coetanei maschi. Ciò è dovuto a numerosi fattori: il facile avviamento alla prostituzione favorito dalla povertà estrema, la dissoluzione dei tessuti sociali e degli equilibri familiari, e la mancanza di istruzione e di autonomia decisionale delle donne, sottomesse al dispotismo di mariti e partner.
«Per chi, come AMREF, è impegnato da anni sul campo nella costruzione di un futuro migliore per il continente attraverso il coinvolgimento diretto delle comunità e dei sistemi sanitari locali, questo scenario è inaccettabile – precisa Simmons – In Africa, infatti, non ci sarà mai né salute né sviluppo senza la piena affermazione di diritti e opportunità per tutte le donne, a cominciare dalle più vulnerabili che vivono senza tutela sulle strade delle baraccopoli. Rispetto alle aree rurali, le città offrono maggiori possibilità educative, network associativi, media, diffusi strumenti di comunicazione, per combattere l’esclusione: l’empowerment delle donne nelle aree urbane dei Paesi in via di sviluppo costituisce uno dei pilastri della strategia globale per costruire città più sostenibili».
Il “Cerchio di Gesso” è stato scelto dalle ragazze di Malkia perché affronta il tema tipicamente brechtiano della possibilità di praticare la bontà in un contesto come quello da cui provengono, caratterizzato da profondi squilibri e ingiustizie, e propone una concezione della maternità non necessariamente riconducibile a una matrice biologica. L’opera racconta infatti l’odissea di Grusha, sguattera nella residenza reale, propagatrice del principio rivoluzionario secondo cui «terribile è la tentazione della bontà». In seguito a una congiura, il re viene messo a morte e la regina fuggendo abbandona il figlioletto, di cui invece si prenderà cura Grusha.
«L’importante non è recitare bene o male, ma recitare vero – sottolinea Letizia Quintavalla – Il teatro di cui si occupa AMREF non è teatro di intrattenimento o ricerca estetica, ma è forma artistica che serve alla riabilitazione per la trasformazione e il cambiamento. Ho scelto Bertolt Brecht e il suo testo proprio perché lui concepisce solo un genere di teatro, quello fatto per cambiare il mondo. Se non è così, non serve a nulla».
Comune di Genova
Lo spettacolo è sostenuto da Fondazione Edoardo Garrone, Comune di Milano, Fondazione Cariplo e Cassa di Risparmio di Alessandria, e patrocinato da Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano, Ufficio Scolastico per la Lombardia, Expo 2015, Regione Liguria e Comune di Genova.
Oltre alla direzione di Letizia Quintavalla, il progetto Malkia può contare sulla collaborazione artistica di Elisa Cuppini, Renata Palminiello, Morello Rinaldi e Patrizia Romeo, e rientra nell’ambito di “Children in need”, il programma di recupero dei ragazzi di strada promosso da AMREF a partire dal 1999 nel sobborgo di Dagoretti, una vasta area alla periferia sud di Nairobi che comprende al suo interno molte baraccopoli. Punto di partenza e vero cardine del programma “Children in need” è il pieno coinvolgimento della comunità, dei leader politici e religiosi, e la moltiplicazione di contatti con la popolazione locale per prevenire la formazione di quelle condizioni di disgregazione sociale e di violenza che spingono tanti giovani sulla strada. Le attività del centro spaziano dall’assistenza medica e alimentare a quella legale, ma negli ultimi anni è stata dedicata un’attenzione particolare alla promozione di diverse attività artistiche, con il duplice obiettivo di favorire percorsi formativi originali e di fornire ai ragazzi gli strumenti più efficaci per tornare a dialogare con la comunità di appartenenza. Il teatro in particolare ha dimostrato fin dall’inizio, con il “Pinocchio Nero” di Marco Baliani, una fortissima presa sui giovani e la capacità di coinvolgerli in un reale processo di recupero.
Prenotazioni e prevendita. A Milano lo spettacolo andrà in scena il 13 gennaio (ore 19,45), il 14 gennaio (ore 20,45), il 15 gennaio (ore 20,45) e il 16 gennaio (ore 16,00). È possibile prenotare e acquistare i biglietti online, con carta di credito, su www.vivaticket.it, oppure presso la biglietteria del Teatro Leonardo (via Ampère 1, angolo piazza Leonardo da Vinci), aperta dal lunedì al sabato dalle ore 15,30 alle 19,30 (tel. 02-26681166 – e-mail biglietteria@teatroleonardo.it). Il prezzo è di 20 euro (intero) e 15 euro (ridotto under 26 e over 60). Il 12, 13 e 14 gennaio, alle ore 10, matinée gratuite per le scuole (per prenotazioni tel. 02-54107566, e-mail scuole@amref.it). A Genova sono previste due repliche il 22 gennaio, alle ore 16 e alle ore 21. È possibile prenotare e acquistare i biglietti presso la biglietteria del Teatro dell’Archivolto (www.archivolto.it), in piazza Modena 3 (tel. 010-412135, e-mail biglietteria@archivolto.it). Il prezzo è di 20 e 18 euro, e di 7,50 euro per gli studenti con meno di 26 anni.
Il Malkia Theatre in un libro e dvd. In attesa di rivederle a teatro, le “Regine” di AMREF sono le protagoniste di un libro che racconta il loro percorso artistico e formativo. Nel volume “Malkia – Regine”, edito da Reggio Children, ogni capitolo è composto dalla narrazione dell’esperienza teatrale scritta da Letizia Quintavalla, responsabile della direzione artistica del progetto, che in sequenza non cronologica si intreccia a testimonianze tratte dai 14 diari scritti durante gli stage teatrali condotti a Nairobi, e da un “intermezzo pedagogico” a cura di Reggio Children che, a partire da queste narrazioni, propone interpretazioni, ma anche indicazioni di lavoro e approcci possibili. Al libro è allegato il dvd del documentario curato dal regista Angelo Loy, con le riprese della troupe Different Perspective di AMREF, che attraverso la voce e i volti dei protagonisti ripercorre tutta la ricerca teatrale e l’allestimento dello spettacolo. Il libro è disponibile nello shop online di AMREF (www.amref.it) e nelle librerie di numerose città italiane e può anche essere ordinato inviando un’e-mail a bookshop@reggiochildren.it o telefonando allo 0522-513753. Gli utili della vendita saranno interamente destinati al sostegno del programma “Children in Need”.
UFFICIO STAMPA
AMREF Italia – Erika Cannata
Tel. 339-3544240 – E-mail: erika.cannata@amref.it
Teatro delle Briciole Solares Fondazione delle Arti – Olindo Rampin
Tel. 0521-992044 – E-mail: ufficiostampa@briciole.it
Quelli di Grock – Teatro Leonardo da Vinci – Anna Dotti
Tel. 02-66988993 – E-mail: comunicazione@quellidigrock.it
Teatro dell’Archivolto – Manuela Martinez
Tel. 010-6592229 – E-mail: m.martinez@archivolto.it
Comune di Genova